Sibilla Aleramo, di nome faceva Rina Marta Felicia Faccio e nacque ad Alessandria.
Ebbe una vita tormentata, nella quale, soprattutto nel periodo della giovinezza, fu vittima di una società maschilista, che volle tarpare le ali alla sua indole libera e sognatrice. Dopo aver dovuto lasciare l’amato figlio e un marito oppressivo, cercò di alleviare lo sconforto, per una vita di moglie e madre priva di fortune, con l’inchiostro della scrittura. Perchè lei, attraverso la penna, sapeva raccontare il mondo, le lotte degli oppressi e degli sventurati, con una sensibilità che solo una donna che ha sofferto tanto poteva esprimere.
Rina Marta Felicina Faccio, in arte Sibilla Aleramo, nacque ad Alessandria il 14 agosto 1876. Scrittrice, poetessa, donna di cultura nel senso più esteso del termine, diventò un’icona del femminismo e delle lotte di inizio ‘900 per l’emancipazione delle donne. Dopo un periodo trascorso nella città natale, in adolescenza si trasferisce con il padre, Ambrogio, la madre Ernesta Cottino il fratello Aldo e le sorelle Cora e Jolanda, a Vercelli. Il nucleo di quella che divenne Sibilla Aleramo passò poi dalla capitale del riso a Milano e infine nelle Marche. Dopo qualche anno la Faccio tornò nella città meneghina. Qui iniziano le collaborazioni con le riviste “Vita Internazionale” e “L’Italia Femminile”, dove diventò anche direttore. Nel 1902 decise poi di spostarsi a Roma dove scrisse “Una Donna”, un romanzo concluso nel 1904, che racconta in modo autobiografico la voglia di uscire dall’oppressione maschilista e di avviare un cammino di emancipazione femminile. Si tratta infatti di uno dei primi libri sulle donne. Rifiutato da diversi editori, fu pubblicato dalla Società Tipografica Editrice Nazionale.
Fu in questo periodo che lo scrittore Giovanni Cena trovò a Rina Faccio il nome d’arte che la contraddistingue nei decenni: Sibilla (dal nome mitologico delle vergini dotate di virtù profetiche) Aleramo (tratto dalla citazione della poesia “Piemonte” di Carducci, dove si fa riferimento al suol d’Aleramo). Sull’onda del successo letterario e stimolata dalla vicinanza di Giovanni Cena, Sibilla Aleramo si occupò in questo periodo della creazione delle scuole nell’Agro Romano partecipando attivamente al Comitato per l’alfabetizzazione del Mezzogiorno. Iniziò la collaborazione con vari giornali: tra cui “La Tribuna”, “Il Resto del Carlino”, “Il Marzocco” e “La Grande Illustrazione”.
Dopo la relazione col Cena seguirono altre storie d’amore tormentate: toccando l’apice con il rapporto instaurato con Dino Campana, poeta con gravi problemi psichici, che morì in manicomio nel 1932.
Negli anni ‘20 allo scultore di Casale Monferrato Leonardo Bistolfi fu commissionata la realizzazione della moneta da venti centesimi: lui volle raffiguraci il volto proprio di Sibilla Aleramo. Che morirà a Roma nelle prime ore dell’alba del 13 gennaio 1960, dopo una lunga malattia legata ad un tumore al fegato.
Questa intellettuale scrisse undici tra novelle e romanzi, più un paio di pubblicazioni di prosa postume, e otto libri di poesia.