“Si fa sera”, quasi un’autobiografia di Franco Migliaccio

by Bruno Cimino

Ci sono artisti che meriterebbero molto più di quanto è stato loro tributato dalla critica e dai consensi popolari. Ma succede raramente nonostante questi personaggi abbiano superato i confini delle solite cerchie sponsorizzate da esiziali interessi economici e si siano posizionati laddove le emozioni sono condivise con chi l’arte la gode al di là del valore materiale.

È la dote espressa da un pittore, uno scrittore, uno scultore o un musicista che definisce la differenza tra l’effimera creatività e l’estro atemporale.

Conoscere la complessità artistica di Franco Migliaccio è un viaggio attraverso l’eterno presente in uno spazio senza limiti dove le opere, davvero di un certo spessore, si consegnano come messaggio perenne.

È questo Franco Migliaccio, uno dei grandi artisti del nostro tempo. Elencare tutte le sue opere e relazionare ai nostri lettori l’anima di questo personaggio sarebbe un’impresa impossibile, bisogna essere attrezzati tanto quanto il suo genio esprime. E ciò non è possibile. Ma nel nostro lavoro ci aiuta la sintesi giornalistica che, in molti casi, racchiude l’idea completa di chi e di che cosa stiamo parlando.

Migliaccio è nato nella bella Tropea il 3 marzo 1947, anno in cui le potenze mondiali ricominciano a vivere, tra luci e ombre, i primi passi verso una esistenza ancora claudicante a causa della guerra appena finita e che ha dato inizio ad una instabilità politica e sociale che dura tuttora. Ma è anche l’anno dell’Action painting, dal critico Rosemberg al gruppo di Jackson Pollock, e della scuola di New York, promotori della pittura gestuale; formula che ritroviamo estesa a tutto l’espressionismo astratto.

Sono inoltre alle porte movimenti letterari e sociali di un certo peso, quali la Beat Generation e la Body art.

Migliaccio, avanti negli anni, imprime in molte sue opere tangibili tracce artistiche come persona impegnata nel sociale e, a nostro modesto parere, senza essersi votato a particolari correnti artistiche. Ma nella sua quasi biografia, così l’ha definita, dal titolo “Si fa Sera”, egli scrive che in una delle prime fasi di ricerca: “… usavo una tecnica pittorica prossima a quella dell’iperrealismo americano.” 

Dopo gli studi primari e secondari (ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte di Vibo Valentia) si trasferisce a Milano, con Tropea rimasta sempre nel cuore.

Nella metropoli lombarda frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera. Si cimenta in progetti che lo portano a varcare soglie che lasciano stupiti; ogni sua opera si distingue per le immagini di cose e persone realizzate con la passione e la maestria di un predestinato a far parte dell’Olimpo degli artisti. 

Il primo laboratorio lo organizza nel 1973 e per dieci anni la sua attività non conosce limiti né soste: lavora nei settori della pittura, scultura, decorazione, fotografia e scenografia.  L’esordio è una cartella di sei serigrafie dal titolo “Documenti visivi della società violenta” su problematiche di carattere sociale e politico. 

Viaggia anche tantissimo, molto formativa è la sua esperienza americana “coast to coast” da New York a Los Angeles. Innumerevoli sono state le mostre e le richieste di collaborazioni con designer e grandi personalità artistiche. 

Apre addirittura una scuola d’arte a Trezzano sul Naviglio: “Arte e Arti”.

Tra le esperienze più incisive vanno ricordati gli anni in cui lavora per il Governatore della Libia Mu’ammar Gheddafi (1978-1987), realizzando diversi ritratti del colonnello, circa duecento emissioni speciali di francobolli, la pubblicazione del “libretto verde”; stampe sugli “Aspetti del Mondo Arabo”, non ultimi progetta un grandissimo Centro Congressi e una città satellite vicina a Tripoli.

Nell’apprezzare oggi la lettura del testo “Si fa sera” e nell’osservare l’inestimabile produzione di questo talento tropeano sorge una domanda: è il mondo che si è manifestato nel suo intimo o è stata la sua vocazione che si è consegnata alle cose create?

In entrambi i casi siamo di fronte ad una simbiosi che spiega le emozioni suscitate nell’ammirare un’opera d’arte e le rende pubbliche per il divenire di una società sempre più bisognosa di essere migliorata.

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