Sette ore al giorno su internet: il parere degli psicologi

L’iperconnessione non è solo nella prova della Maturità. Dopo due anni di lockdown dipendiamo dalla tecnologia per quasi un terzo delle nostre giornate, più del tempo trascorso davanti alla televisione tradizionale. 

Facendo due calcoli, due giorni sono trascorsi su internet, tra ricerche, video e chat.

E gli adolescenti? Secondo lo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia di Di.Te, associazione nazionale dipendenze tecnologiche, «l’iperconnessione aumenta il rischio di dipendenze tecnologiche perché innesca una serie di meccanismi fisici che sono difficili da staccare. L’uso continuativo dei social attivano un processo dopaminergico. Questo crea una sorta di dipendenza fisica». Lo stesso processo che si attiva nel gioco d’azzardo o con la cocaina. «Ogni volta che faccio un post o che mando un messaggio su WhatsApp sto in attesa e questo fa rilasciare al corpo dopamina, che dà luogo a un comportamento compulsivo. Contemporaneamente abbiamo il rilascio di endorfine secondo un meccanismo chiamato ‘della ricompensa’».

Però non si può demonizzare un mezzo come internet, che permette di rendere l’informazione più diretta, la conoscenza più vasta, e aumenta le possibilità. Risulta quindi opportuno fare un distingui tra uso e abuso.

«È abuso quando mi rendo conto di non poterne fare a meno e che la mia vita si sta modificando, se ho consapevolezza di perdere il controllo sto abusando. L’altro elemento è la fame della sostanza, il desiderio che ho di connettermi costantemente». Insomma, l’iperconnessione potrebbe diventare «il disturbo del secolo». Il vero problema, però, non è mai Internet, il social o il videogioco, ma il disagio che rischia di andare a radicarsi nei ragazzi e nelle ragazze. E che non sempre viene intercettato. 

E’ importante per i genitori non lasciare da soli e per troppo tempo i loro figli davanti a PC, videogiochi e apparecchiature tecnologiche. Ci deve essere un controllo da parte degli adulti e un tempo di esposizione moderato – ammonisce la dottoressa Valentina di Liberto, fondatrice del centro Hikikomori.

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