in mostra a Palazzo Braschi fino a Febbraio 2023
Quando si pensa a Roma, la prima cosa che viene in mente è il Colosseo e la grandezza dell’Impero.
Se poi ci si riflette ancora un po’, nella nostra testa, spunta San Pietro con il “cuppolone” di
Michelangelo. Se riflettiamo ulteriormente, è ancora San Pietro ad affiorare nei nostri pensieri, ma
questa volta, con il Colonnato di Bernini. In tutto questo rincorrersi di suggestioni e di ricordi, però,
manca un punto centrale, quello della Roma nel Medio Evo.
Questo perché l’idea medievale ci rimanda subito ad altre mete, quali, per esempio, la bellissima
Siena – “la Pompei medievale” come è spesso chiamata –, oppure, le altrettanto affascinanti
Venezia, Firenze e la Milano del duomo monumentale, costruito in stile gotico. Alla città sul Tevere
non pensa mai nessuno.
Eppure, durante il Medio Evo (o “Medievo”, come vogliono taluni storici), qui arrivavano pellegrini
a frotte per andare a toccare la grande pigna che stava sotto l’edicola al centro del pronao di San
Pietro, dove si pregava per lucrare indulgenze. Ed è proprio da qui, da quelle preghiere e da quello
sfiorare devoto dei pellegrini, ha inizio la bella mostra aperta da poco a Palazzo Braschi: Roma
medievale. Il volto perduto della città, fruibile fino al 5 febbraio.
Curata da Anna Maria D’Achille e Marina Righetti – due eccellenze negli studi dell’arte medievale
non solo in Italia – l’esposizione fa luce attraverso più di 160 opere, sulla realtà di una capitale
europea che, in virtù della sua condizione di sede papale, godeva di un respiro universale. E.g., i
pellegrini che attraversavano la via Francigena per arrivare in Vaticano, passando da Monte Mario,
non vedevano la basilica attuale, ma quella che era stata eretta dall’imperatore Costantino. Indosso
portavano le placchette e le insegne del pellegrino cucite sulle vesti e nel bagaglio l’altare portatile.
Tutti oggetti che si possono vedere nella mostra, insieme ai registri su cui si annotavano i beni di
questi viandanti della fede che si fermavano per un ristoro e per lasciare in luogo sicuro quel che
apparteneva loro, in vista del tragitto di ritorno. In mostra c’è il codice proveniente dallo “spedale”
di Santa Maria della Scala a Siena, che costituiva una tappa obbligata nel percorso verso Roma,
grazie al quale si può avere un’idea precisa di più di quattrocento persone, provenienti da tutta
Europa, anche per quel che riguarda il loro aspetto fisico descritto minuziosamente in mancanza di
fototessere o carte d’identità.
Questo popolo di Dio poi riprendeva il viaggio verso la cità santa per eccellenza, soprattutto da
quando Gerusalemme, meta originaria di questi viaggi di fede, era stata riconquistata nel 1187 dal
sultano alâ al-Dîn Yûsuf ibn Ayyûb, meglio noto come il Saladino. Allora, davanti agli occhi dei
pellegrini si spalancava tutta la magnificenza della Roma cristiana che la mostra descrive
puntualmente, lungo un arco temporale che va dal VI secolo al 1300, anno del primo Giubileo
istituito da papa Bonifacio VIII. Sarà emozionante ammirare il grande mosaico dell’antica abside di
San Pietro, oppure gli affreschi del suo quadriportico, meraviglie su cui, in tempi diversi, si sono
riposati gli sguardi dei pellegrini in preghiera.
La mostra corre su un doppio binario, che da una parte guarda con grande curiosità alla città, con le
attuali grandi basiliche (San Paolo f.l.m., Santa Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano –
cattedrale di Roma, Santa Croce in Gerusalemme), documentate secondo il loro aspetto originario,
prima degli interventi dei grandi architetti dei Sei e Settecento, come Borromini, Fuga, Galilei o
Gregorini e Passalacqua. Parallelamente, vi sono gli oggetti della vita quotidiana, dalle monete alle
chiavi dei portoni. Realizzata in collaborazione con Sapienza Università di Roma, la mostra espone
al grande pubblico decenni di ricerche guidate dall’Istituto di Storia dell’Arte Medievale sull’onda
degli studi di Angiola Maria Romanini.