Parliamo di un libro intramontabile e che è impossibile dimenticare in un mondo culturale forse in declino, dove l’attenzione per contenuti concettualmente elevati trova non poca difficoltà a farsi strada. Il libro si avvale di numerosi saggi rivolti al pensiero del Galimberti, scritti da filosofi, ma anche da psichiatri, medici, teologi e giornalisti. Il contributo variegato di personalità eterogenee pone in rilievo una sintesi che non vuole escludere nessun’ ottica e che abbraccia il pensiero del Galimberti sotto ogni aspetto culturale ed umano.
Noto per la sua natura di filosofo “giusto e onesto”, apprezzato per la capacità di esporre le proprie analisi in maniera comprensibile a tutti, Galimberti è stimato non soltanto in Italia, ma anche all’estero. I suoi studi non sono soltanto di stampo filosofico, ma anche antropologico, sociologico e soprattutto psicologico. In un’epoca di crisi, di confusione, in cui non sappiamo dove siamo e dove andiamo, in un momento storico in cui abbiamo perso “le mappe emotive” e la distinzione tra amore e stupro si fa sempre meno chiara, Galimberti individua ed espande alla coscienza sociale i cambiamenti, i passaggi epocali, perché soltanto attraverso la conoscenza è possibile raggiungere il senso delle emozioni che governano la nostra vita.
Una vita travolta dal “tecnicismo”, questa ragione superiore che ha preso il posto dell’uomo e che, da soggetto che sceglie, lo ha reso strumento della stessa azione tecnologica.
Ritorno ad Atene, non a caso, vuol dire rientro in una dimensione in cui l’uomo sia il più possibile vicino a Dio. Atene è la casa dell’uomo che si è smarrito, l’uomo che torna a vivere nello spazio originario, incontaminato, “ dove i mortali errano per sempre”.
Un tema che ha visto la partecipazione attiva di autorevoli, come quello del professor Luigi Avegna, psicanalista e medico della Sapienza di Roma, nonché di altri illustri della cultura come Eugenio Bornia, Massimo Donà, Adriano Zamperini, Luigi Zoia, ed altri non solo italiani, tutti autori del testo, edito da Carocci.
A conferire dolcezza ad un’atmosfera già profondamente autentica, priva di orpelli intellettualistici, fu la figlia del Galimberti, durante una presentazione dello stesso libro, la quale donò al filosofo un bouquet di fiori, in omaggio ai suoi settant’anni di contributo non soltanto filosofico, bensì emozionale ed umano. Un pensatore che infonde ordine, consapevolezza, con il solo unico obiettivo di restituire all’uomo la propria identità. Settant’anni di viaggio, verso la dimora dell’io, Atene, dove non si respira la carenza delle emozioni e ci si libera del “chiacchiericcio su Dio”, attraverso un linguaggio evocativo, che svincoli le persone dall’ ”analfabetismo emotivo”, frutto di una mancanza di cura, di non apprendimento dei sentimenti.
Si coglie fortemente nelle parole del pensatore il desiderio di individuazione di queste carenze, poiché capire significa conoscere e conoscere significa formare i sentimenti, che non sono doti naturali. Senza le mappe emotive anche il rapporto con la vita non è adeguato e la distinzione tra il bene ed il male non è più percepibile. Questo determina una società malata, dove tornare ad Atene diviene impossibile.
Il contributo del Galimberti è pertanto un contributo d’amore, che fa appello all’uomo conoscente, vicino a Dio ed abitante del suo spazio. Lo spazio chiamato metaxy’, dove si vive “per sempre”.
Eleonora Giovannini