L’ospitalità e il turismo sono alla ricerca di personale. Con una community di 40mila utenti tra ristoratori e persone alla ricerca di lavoro nel settore Ho.re.ca.
Restworld riscuote la fiducia non solo di piccoli locali ma anche di grandi catene come Burger King. Restworld, dal 2020, è la startup che vuole diventare il punto d’incontro per chi lavora nella ristorazione, nel turismo e nell’ospitalità, favorendo l’occupazione in questi ambiti. L’obiettivo è riqualificare le proprie professioni, garantendo contratti equi e soluzioni ottimali per entrambe le parti, al fine di assicurare il benessere degli attori coinvolti in questo settore. Restworld è un progetto che si basa su tre principi chiave: etica, sostenibilità e innovazione. Tramite la piattaforma, chi cerca lavoro può trovare il giusto locale nel quale lavorare con un vero e proprio contratto, mentre i ristoratori possono selezionare le persone più adeguate da assumere. Oltre a piccoli ristoranti e attività ricettive, Restworld è stata scelta da aziende multinazionali come Burger King, Nima e Lavazza ed entro il 2023 punta a scalare e portare il proprio servizio in Europa. Il team di Restworld, che nel 2020 contava 4 persone, oggi ha raggiunto quota 20, ma l’obiettivo è arrivare a un team di 50 persone entro la fine del 2023. Con Luca Lotterio, fondatore di Restworld, vogliamo approfondire l’argomento, soffermando l’attenzione sulle modalità della selezione del personale.
Come migliorare la selezione del personale?
«Ottimizzazione dei turni e dello staff. Assumere il giusto numero di collaboratori, ad esempio, permetterebbe di migliorare la turnazione cosicché lavorerebbero meno ore tutti. Molti locali, qui da noi, stanno eliminando l’orario spezzato, scegliendo turni di cinque giorni settimanali, che potrebbero anche ridursi a quattro più un giorno di reperibilità in casi di sostituzioni o simili, come accade nelle compagnie aeree. L’elemento imprescindibile è l’offerta economico-contrattuale che dev’essere adeguata e competitiva. Se la pandemia ci ha insegnato qualcosa è che il lavoro sommerso non conviene a nessuno perché, a fronte di qualche misero euro in più in un primo momento, si rinuncia a tutele quali ferie, malattia, permessi, TFR e NASpI che sono determinanti per il benessere di lavoratori e lavoratrici. Riqualificazione delle professioni di sala. Non soltanto in termini di formazione interna: deve modificare la percezione esterna della sala rispetto alla cucina. Soltanto così sarà possibile tornare ad attrarre centinaia di giovani col sogno di coltivare la loro passione per l’ospitalità nel suo senso più ampio e pieno. Fidelizzazione del team di lavoro. Non soltanto la clientela, anche il proprio staff deve essere fidelizzato. Soprattutto ora, moltissimi sono i locali in cerca di collaboratori che, per la prima volta, si trovano dalla parte di colui o colei che può decidere di andare a lavorare dal miglior offerente. Si possono, ad esempio, proporre corsi di formazione di vario tipo, esperienze di team building, buoni sconto o servizi extra (legati alla salute, alla mobilità, all’istruzione o altro ancora). Definizione di ruoli e mansioni. Una delle maggiori cause di stress lavorativo nella ristorazione è data dalla poco chiara suddivisione di ruoli e competenze cosicché, spesso, tutti si ritrovano a far tutto. Ciò inficia tanto sul benessere del team di lavoro quanto sull’esperienza del cliente e, per ciò stesso, sull’immagine del locale. Fortunatamente, grazie anche ai nuovi format, sembra che questa tendenza stia oggi rientrando, nonostante sia ancora ben radicata nelle realtà più tradizionali».
Quali criticità sono da superare nel settore dell’ospitalità e della ristorazione?
«Restworld non solo ha obiettivi di business ma anche con delle ricadute sul sociale. Sono stati individuati due ambiti di impatto principali. Il primo concerne il miglioramento delle condizioni lavorative all’interno del settore Horeca; il secondo ha a che fare con il ruolo che lo stesso assume all’interno di un dato territorio. Per entrambi, si ritiene di fondamentale importanza lo sviluppo di un profilo etico per ciascuna impresa, che possa agire concretamente nel miglioramento delle condizioni di tutti gli stakeholder, andando a produrre risultati non soltanto economici, ma anche importanti benefici per la comunità nel suo complesso. Il contrasto al lavoro sommerso, assieme alla sensibilizzazione alla legalità all’interno del settore Horeca, assumeranno una rinnovata importanza alla luce degli stravolgimenti causati dalla pandemia del Covid-19, poiché è proprio questo settore, da sempre trainante per l’economia nazionale, uno dei più colpiti dagli effetti del lockdown. Di fronte a questa emergenza, i provvedimenti di supporto all’imprenditoria e gli ammortizzatori sociali sono stati erogati sulla base dei fatturati e dei contratti in vigore, danneggiando i lavoratori senza contratto, che non hanno avuto diritto ad alcun tipo di supporto. Allo stesso tempo, così come gli imprenditori che, effettuando illeciti sulle emissioni degli scontrini fiscali hanno, di fatto, contribuito alla svalutazione della propria attività. Si ritiene che lo scenario di pandemia degli ultimi due anni abbia, quindi, stimolato una riflessione propedeutica ad una radicale inversione di tendenza (tutt’oggi in corso) circa il rispetto delle norme fiscali e contrattuali all’interno del settore. Centrale il dato relativo alle categorie sociali che compongono le brigate: l’elevato numero di studenti (in particolare fuori sede), nelle brigate di sala, e il copioso impiego di immigrati nelle cucine. Tali categorie rispondono all’esigenza, da parte degli employer, di trovare tempestivamente personale, spesso senza potersi occupare di formazione e integrazione dei worker all’interno delle brigate. Si ha, perciò, l’intenzione di coinvolgere enti pubblici e privati con diversi scopi: riqualificare le professioni di sala e cucina, promuovendone le competenze legate non solo alla gestione del servizio, ma anche alla creazione di valore aggiunto rispetto alla commercializzazione della risorsa alimentare all’interno dei servizi di ristorazione; permettere una formazione continua, inclusiva e specifica, a chiunque interessi, per far fronte alla scarsa preparazione di buona parte dei worker; ridurre il lavoro sommerso, valorizzando le aziende che offrono contratti reali, a discapito di quelle che optano per l’illecito nero; sensibilizzare i ristoratori riguardo l’importanza del capitale umano, sia a livello di fatturato sia in termini di visibilità, credibilità e atmosfera. Gli obiettivi dichiarati mirano a colmare la mancanza di rapporti sindacali e la scarsa trasparenza in materia di contratti diffusa nel settore, che amplificano la presenza di comportamenti lavorativi controproducenti e diminuiscono la fidelizzazione e la responsabilizzazione dei worker».