(Dedicato a chi è abituato a far sfoggio di sé).
In questi giorni, una serie di post che ho potuto osservare in vari social, mi ha indotta a riflettere sul significato del buon gusto.
Buon gusto è un tratto identitario che designa l’attitudine della persona alla raffinatezza, alla sensibilità, alla sobrietà e all’equilibrio nell’operare scelte e nell’esprimere giudizi che riguardano la molteplicità delle esperienze di vita in senso estetico, corporeo-sensoriale e cognitivo.
Le “sedi” del gusto non risiedono soltanto nella bocca: nella lingua e nel palato (il sapore) – ma anche nella mente (il sapere), come pure nel corpo e nelle emozioni (il piacere, in senso estetico e corporeo -sensoriale).
Non tutti gli individui possiedono facoltà parimenti sviluppate, la presenza del termine “facoltà” potrebbe erroneamente indurre a pensare che la sensibilità e il gusto siano doti innate. Ma gli studiosi concordano nel riconoscere che l’intelligenza, la competenza e la sensibilità sono aspetti migliorabili attraverso l’apprendimento, dunque educabili. L’intelligenza è poi distribuita nel “mondo della persona”: nel corpo, nelle esperienze che compie, negli strumenti che utilizza, nelle relazioni sociali.
Purtroppo sono consapevole che il narcisismo che imperversa nel nostro secolo, ha indotto gli individui alla ricerca di uno stile da perseguire identificabile e riconoscibile, indipendentemente dal grado di “raffinatezza” o di “buon gusto” raggiunti. Ormai è innato l’estremo bisogno per alcuni di essere guardati e apprezzati, l’essere privati di tale approvazione induce alla percezione di perdere molto di sé stessi. Sul piano identitario, la capacità di gustare, che pochi hanno, richiede, una forma mentis adeguata, indispensabile a non fare smarrire la propria identità, ma soprattutto a difenderla dalle insidie del vivere di riflesso.
Con riferimento al buon gusto, la virtù della moderazione che dovrebbe essere un criterio regolativo dell’azione, di fondamentale importanza nella selezione e nell’assunzione delle decisioni e delle scelte che il soggetto compie nelle esperienze di vita, pare in tanti casi a mio avviso completamente assente.
Sviluppare saggezza e moderazione richiede alla persona un lungo e impegnativo lavoro su sè stessa, che non può essere delegato a terzi, e che non ammette scorciatoie, ma molti non lo sanno compiere.
Nella società dell’apparire l’immaginazione ha preso il sopravvento, è una risorsa ormai imprescindibile, ma così si è persa la coscienza della sua insidia ai cui eccessi va posto un freno. Troppe sono le persone oggi che cercano e offrono lo spettacolo di sé veramente trash. Il bisogno imperante di stupire e di stupirsi, di base ha il solo triste scopo di celare un profondo vuoto interiore che si cerca di colmare. Solo l’educazione del gusto secondo me può delimitarne i confini. Dunque il “gusto” si colloca proprio nel’ ambito del pensiero autonomo, che può essere costruito solo sulla “conoscenza” la “cultura” e “l’umiltà “, queste sono le condizioni necessarie per evolversi in “buon gusto”.
Marisa Paola Fontana