Cosa è emerso nel V Rapporto annuale sulla farmacia.
“Crescono la richiesta e la fiducia dei cittadini negli equivalenti”, dove con questo ultimo termine ci si riferisce ai
cosiddetti farmaci equivalenti. Così sta scritto nella pagina web istituzionale di Federfarma, agli esiti del V rapporto
annuale sulla farmacia presentato a Roma e curato da Cittadinanzattiva in collaborazione con Federfarma. Ma cosa
s’intende esattamente con la qualifica di “equivalenti”? Stando a quanto dichiarato dall’Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri (IRCCS), gli equivalenti sono tecnicamente dei “bio-equivalenti”. Vale a dire: si tratta di
farmaci in grado di offrire le stesse garanzie di qualità dei cosiddetti “originatori”. E’ la stessa letteratura scientifica a
confermare la sostituibilità e la loro equivalenza terapeutica rispetto ai farmaci di marca più nota. Ciò che può
differenziare le due tipologie di farmaci, è sempre l’Istituto di Ricerca Mario Negri a chiarire, sono gli eccipienti e le
tecnologie. I medicinali equivalenti possono cioè differire nella composizione degli eccipienti o nella tecnologia
adottata.
Tornando al citato rapporto annuale, rispetto ai farmaci equivalenti, questi sono alcuni dei dati emersi. Nell’ultimo anno
l’83,4% dei cittadini ha ricevuto dal farmacista suggerimenti per un loro utilizzo e, al contempo, informazioni sul fatto
che il principio attivo sia il medesimo del farmaco originale (lo dichiara il 63,7% dei cittadini). Così come
rassicurazioni su sicurezza, efficacia e qualità dell’equivalente rispetto al farmaco di marca (46%) nonché sulla
possibilità di risparmiare (lo riporta il 39,3% dei cittadini). Gli stessi farmacisti sembra abbiano dichiarato come, da due
anni a questa parte, sia in costante aumento la richiesta di farmaci equivalenti da parte dei cittadini. A pensarla così oggi
è il 36,5% dei farmacisti, mentre nel 2020 era solo il 13,4%.
Il prezzo di vendita al pubblico, stabilito per legge, dei medicinali equivalenti in Italia, è di almeno il 20% in meno.
Quindi un significativo margine di risparmio a fronte di una qualità e sicurezza parallela agli altri farmaci cosiddetti di
marca. Ma come si spiega allora questo scarto? E’ sempre l’Istituto Mario Negri a rendere noto che gli equivalenti
possono essere messi in commercio solo allo scadere del brevetto avente ad oggetto il principio attivo. “Una volta in
commercio – sta scritto – i farmaci equivalenti sono venduti a prezzi inferiori dal momento che le aziende produttrici
non hanno l’obbligo di effettuare gli studi pre-clinici e clinici, a patto che venga dimostrata la bioequivalenza. Di
conseguenza vengono sostenuti dei costi di produzione inferiori”.
Di Maria Teresa Biscarini