Presentata la proposta di legge sull’Istituzione del Parco archeologico del sito dell’Abbazia di San Vincenzo al Volturno in provincia di Isernia.
Un confronto che può definirsi proficuo, avuto con le Amministrazioni di Castel San Vicenzo, Rocchetta a Volturno, Cerro al Volturno e Scapoli, direttamente interessate dal progetto che hanno manifestato interesse, impegnandosi a fornire utili suggerimenti per migliorare la proposta legislativa. Questa proposta rappresenta un atto legislativo che va oltre la semplice promozione, dato che prevede anche norme e progetti di valorizzazione, promozione e tutela dell’ambiente e del territorio di riferimento, oltre alle tantissime potenzialità per poter diventare un punto di riferimento turistico internazionale con il suo non trascurabile flusso di visitatori. La proposta istitutiva del Parco, dunque, partendo da questo presupposto, vuole favorire anche le possibili ricadute, in termini economico-occupazionali con tutti i vantaggi, offerti dalla storia e dall’ambiente che lo caratterizzano, per questa parte di territorio molisano che può e deve diventare un volano dell’economia regionale. Ma quanto è importamte il sito dell’abbazia di San Vincenzo al Volturno? L’abbazia benedettina si trova a circa due chilometri dalle sorgenti del fiume omonimo, in una posizione favorevole sulla fertile Piana di Rocchetta, difesa dalle catene delle Mainarde e della Meta a ovest e dal massiccio del Matese a sud. Le vicende del monastero prendono forma nel “Chronicon Vulturnense”, un codice miniato redatto nel 1130 da un monaco di nome Giovanni che aveva usato a sua volta fonti interne del monastero di VIII-XI secolo. La fondazione risalirebbe, secondo il Chronicon, all’inizio dell’VIII secolo e sarebbe dovuta a tre nobili beneventani, Paldo, Taso e Tato, e alla loro ricerca di un luogo in cui dedicarsi alla vita ascetica. L’area prescelta era stata frequentata in età tardoromana come mostrano i resti di una chiesa e di un’area sepolcrale di V-VI secolo d.C.
Un momento particolarmente importante per la comunità monastica è il 787 quando Carlo Magno pone il monastero sotto la sua diretta protezione, emanando un privilegio contenente esenzioni fiscali e giudiziarie e l’autorizzazione alla comunità ad eleggere il proprio abate senza alcuna interferenza da parte di altre autorità ecclesiastiche. L’importanza rivestita dall’abbazia è dovuta alla sua posizione di avamposto, al confine tra il principato longobardo di Benevento e le terre conquistate dai Franchi, e viene sottolineata nell’849, quando, in seguito alla divisione del principato di Benevento tra territori soggetti a Salerno e a Benevento, il monastero di S. Vincenzo al Volturno rimane un’entità autonoma, direttamente soggetta all’autorità imperiale. Un momento di grande difficoltà per la comunità monastica si ha nella seconda metà del IX secolo a causa dei movimenti dei saraceni che sfociano nell’attacco dell’ottobre dell’881, conclusosi con l’incendio che danneggiò gravemente il cenobio; in seguito a tale evento, i monaci superstiti furono costretti a rifugiarsi presso i principi longobardi di Capua. La ricostruzione del monastero si avrà solo alla fine del X secolo con l’aiuto degli imperatori tedeschi, Ottone II e Ottone III. Alla fine del XI secolo, a causa della minaccia normanna, il cenobio viene trasferito lungo la riva destra del Volturno in una posizione più sicura e difendibile. Nel corso del XIII-XV secolo inizia la decadenza e lo sfaldamento del complesso monastico e delle sue proprietà terriere (che si estendono in Molise, Abruzzo, Lazio, Campania, Basilicata e Puglia), che nel 1699, per volere dell’ultimo abate Innico Caracciolo, passeranno sotto la giurisdizione dell’Abbazia di Montecassino.
Stefano Venditti