Non solo coronavirus, c’è anche la peste suina

Ai già conosciuti coronavirus che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la (MERS) Sindrome Respiratoria Mediorientale e la (SARS) Sindrome Respiratoria Acuta grave, in questo primo mese dell’anno alla ribalta delle cronache c’è il coronavirus identificato in Cina (2019-nCoV), un nuovo ceppo che non è stato precedentemente mai identificato nell’uomo. Il rischio è considerato alto a livello globale, tant’è che nel momento in cui scriviamo (3 febbraio 2020) sono stati segnalati 17391 casi confermati, di cui 17238 in Cina con 361 morti, e 123 in altri Paesi con 1 morto. Questi dati sono in aumento.
Ulteriori casi sono stati segnalati negli Emirati Arabi, in Giappone, Repubblica di Corea, Vietnam, Singapore, Malesia, Cambogia, Filippine, Tailandia, Nepal, Sri Lanka e India; negli Stati Uniti e in Canada, nonché in Francia, Finlandia, Germania, Italia, Federazione russa, Spagna, Svezia, Regno Unito e in Australia.
La buona notizia è che è stata isolata la sequenza del coronavirus nei laboratori dello Spallanzani di Roma.
La situazione epidemiologica è in costante evoluzione. L’OMS pubblica ogni giorno un aggiornamento disponibile a QUESTO LINK
Sebbene se ne parli meno, altre malattie sono presenti da tempo, tra queste la peste suina africana.
L’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha pubblicato il suo ultimo aggiornamento annuale sulla presenza di peste suina africana (PSA) nell’Unione europea.
Si tratta di una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, solitamente letale. Non esistono vaccini né cure.


Nel corso del periodo trattato dal rapporto “novembre 2018 – ottobre 2019” la tendenza della malattia è stata confermata in Slovacchia, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord e  Serbia.
Il rapporto evidenzia che ormai nell’UE sono rappresentate tutte le fasi dell’epidemia: zone recentemente colpite a seguito di un’introduzione isolata o di un’espansione geografica dalle zone colpite, in fase di aumento e zone in cui l’infezione da PSA è presente da qualche tempo, comprese quelle in cui la PSA sembra in via di scomparsa.
La situazione varia notevolmente da uno Stato membro all’altro, a causa di molteplici influenze tra cui la struttura della produzione suinicola nazionale (in particolare la percentuale di allevamenti di suini a conduzione familiare), le condizioni geografiche e le caratteristiche della popolazione dei cinghiali selvatici.
Le aziende agricole a conduzione familiare (non commerciale) pongono sfide particolari per un programma di eradicazione della PSA, come ad esempio il mancato controllo dei movimenti di suini e persone, la loro scarsa biosicurezza e la difficoltà di individuare gli allevamenti in questione.
Per il rapporto di quest’anno, informa l’EFSA è stato effettuato uno studio in Romania con la finalità di individuare i particolari fattori che contribuiscono alla diffusione della malattia in aziende di tipo non commerciale.
Il gruppo di esperti scientifici sulla salute e il benessere degli animali (AHAW) fornisce consulenza scientifica indipendente sulla salute degli animali e su questioni correlate di sicurezza alimentare ai gestori del rischio, ovvero la Commissione europea, il Parlamento europeo e gli Stati membri.

Bruno Cimino

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