Il DNA estratto dalle vittime di Pompei non è un’innovazione, in quant è una tecnica utilizzata già da oltre 10 anni e che ha permesso di ricostruire, addirittura, parentele tra i deceduti durante l’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C. A gennaio 2020, tuttavia, una ricerca Italiana ha portato una novità, ossia la scoperta di neuroni nel cervello vetrificato di una delle vittime.
Questa ricerca è stata condotta dai ricercatori dell’Università di Napoli Federico II, del Ceinge-Biotecnologie Avanzate, dell’università di Roma Tre e della Statale di Milano con il Cnr in collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano e pubblicata sulla rivista “Plos One”.
Lo studio è stato diretto dall’antropologo forense Pier Paolo Petrone, responsabile del Laboratorio di Osteobiologia Umana e Antropologia Forense presso la sezione dipartimentale di Medicina Legale della Federico II, insieme a numerosi altri medici legali, biologi, geologi, archeologi, neurogenetisti e matematici degli atenei che hanno collabroato alla ricerca.
I neuroni ritrovati, vetrificati dallo choc termico, sono un’assoluta novità, come spiega lo stesso Petrone:
“l rinvenimento di tessuto cerebrale in resti umani antichi è un evento insolito, ma ciò che è estremamente raro è la preservazione integrale di strutture neuronali di un sistema nervoso centrale di duemila anni fa, nel nostro caso a una risoluzione senza precedenti.”
Il “congelamento” delle strutture cellulari del sistema nervoso della vittima ha permesso di ottenere informazioni uniche nel loro genere, permettendo anche di studiare e ricostruire tutte le varie fasi della tragica eruzione.
Domenico Attianese