Tra le strategie di difesa che vengono adottate dalle varie specie animali per sopravvivere, una delle più affascinanti è sicuramente quella del mimetismo. Generalmente si intende per mimetismo la capacità di una specie di somigliare a un’altra oppure quella di diventare quasi invisibile nell’ambiente. In etologia il termine “mimetismo” è riferito solamente alla prima definizione, mentre si usa il termine “criptismo” per le specie in grado di passare inosservate. In entrambi i casi però il risultato ai nostri occhi è spesso stupefacente. Tra i più conosciuti animali che sfruttano il criptismo ci sono i camaleonti, in grado addirittura di cambiare colore della propria pelle per adattarsi all’ambiente e le zebre che con la loro livrea a strisce si rendono difficilmente individuabili dai parassiti e dai predatori. La sogliola, come altri pesci di fondale, invece sfruttano questa capacità per catturare le loro prede.
Il vero e proprio mimetismo invece consiste nell’imitazione di una specie diversa. Si riconoscono diversi tipi di mimetismo: quello batesiano è riferito a specie innocue che imitano specie velenose per evitare di venire predate; per esempio molte specie di farfalle Sesiidi e ditteri Sirfidi (in foto) imitano le vespe e altri imenotteri.
Il mimetismo mülleriano invece vede specie inappetibili diverse assumere colorazioni simili: in questo modo i predatori memorizzano più facilmente il segnale di avvertimento di evitare quelle determinate prede; è molto diffuso tra i lepidotteri Zigenidi e Erebidi.
Il mimetismo mertensiano infine vede una specie velenosa imitarne una meno letale: il caso più noto è quello del serpente corallo che imita un altro colubride meno velenoso; il fatto curioso che lo stesso corallo viene a sua volta imitato tramite mimetismo batesiano dal cosiddetto “falso corallo” che è un serpente invece innocuo. Cosa non si fa per sopravvivere!
Daniele Capello