Midsommar – Il Villaggio dei Dannati, la recensione

Midsommar – Il villaggio dei Dannati è il secondo film di Ari Aster, scritto e diretto da lui, che ha come protagonisti Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper e Will Poulter. Il film è uscito nel 2019 e segue di poco più di un anno il primo film del regista, Hereditary – Le Radici del Male, il che promette una carriera rapida e brillante da parte del giovane regista.

Il film è stato atteso con tutte le aspettative del caso, essendo stato Hereditary uno dei migliori esordi non solo degli ultimi anni, ma probabilmente di tutta la storia del cinema. Detto questo, Midosmmar è molto diverso, ma allo stesso tempo simile al suo predecessore.

Le similitudini, oltre al genere del film, l’Horror, si rivedono facilmente negli argomenti: un’ambientazione rurale, per quanto in senso opposto, una setta che gestisce tutto, anche se in maniera diversa e in senso diverso, e un finale che non lascia speranza. Le differenze, tuttavia, sono abissali, in primis a livello narrativo.

Se Hereditary prende un tema trito e riesce ad elaborarlo in maniera originale e inaspettata, così non riesce a fare, per volontà o meno dell’autore, Midsommar. Il tema della “Famiglia di assassini”, fondamentalmente, è sì calato in un contesto totalmente diverso, ma lo sviluppo del film è totalmente prevedibile, puntando molto più sullo sconvolgimento e sull’estasi momentanea dovuta alle immagini che su una storia solida.

L’originalità e la particolarità del film, tuttavia, stanno nel fatto di aver affrontato un horror di questo tipo totalmente all’aperto e alla luce del giorno. Da questo punto di vista sicuramente un successo, che sarebbe potuto essere molto di più con una storia un tantino più solida alle spalle e una trentina di minuti più asciutta.

Domenico Attianese

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