Mezzo milioni di addetti, in maggioranza donne o persone svantaggiate. Ecco le imprese sociali in Italia

” Economia sotto l’ombrellone”, la rassegna dedicata ai temi di attualità affronta il nodo di uno sviluppo inclusivo delle imprese sociali che sono in netta crescita in Italia ma assenti nella campagna elettorale in corso  

“Le imprese sociali, cooperative e non, che devono avere come obiettivo statutario l’interesse generale della comunità, sono in netta crescita: in Italia ci sono 16mila imprese sociali, 95% delle quali nella forma di cooperative sociali, con 460mila addetti, in maggioranza donne, con ricavi pari a circa 15 miliardi di euro. Un vero e proprio sistema imprenditoriale, dunque, che, però, è ancora molto poco conosciuto e troppo spesso sottovalutato, nonostante, ad esempio, i due terzi dei servizi di welfare prestati in Italia siano garantiti da imprese sociali”. Se ne è parlato a Lignano Sabbiadoro durante la rassegna “Economia sotto l’ombrellone”, organizzata da Eo Ipso e giunta al terzo incontro. “Il punto che distingue le imprese sociali dal volontariato – ha chiarito Paolo Felice, presidente di LegacoopSociali Fvg – è proprio l’approccio imprenditoriale che spinge le imprese sociali a realizzare utili, non per fini di lucro, ma per reimpiegarli in attività nell’interesse generale della comunità”. Le imprese sociali, si sottolinea nella nota diffusa da Eo Ipso, sono in massima parte cooperative sia di tipo A, e quindi cooperative di operatori che si occupano di riabilitazione nell’ambito della disabilità, della salute mentale, dell’assistenza a minori e anziani, sia di tipo B, e quindi cooperative di inserimento lavorativo che devono impiegare almeno il 30% di persone in condizioni di svantaggio.  I servizi sono di molti tipi anche se spesso gli utenti non colgono la differenza rispetto alle imprese non sociali. Le imprese sociali, la cui grande utilità è stata significativamente riconosciuta e sostenuta sia dall’Agenda Onu 2030 con l’obbiettivo 8°, sia dal Piano d’azione per l’economia sociale approvato dalla Commissione Europea a dicembre 2021, hanno trovato una sistematizzazione anche nella riforma nazionale del Terzo Settore, ma continuano purtroppo a essere poco considerate. “In tal senso – hanno sottolineato i relatori Paolo Felice, Cristiano Cozzolino, Michela Vogrig -, va rimarcato come purtroppo in molti Paesi gli auspici e le indicazioni dati dalle organizzazioni internazionali trovino un accoglimento scarso o incompleto. In Italia, tutto sommato, la situazione è piuttosto buona perché abbiamo una normativa abbastanza completa tesa a favorire la nascita e la crescita delle imprese sociali, con finanziamenti interessanti”. “Rimane, tuttavia, stupefacente – hanno concluso i relatori – come nella campagna elettorale in corso il tema della cooperazione e dell’impresa sociale sia quasi totalmente assente”.

Amalia Barbara Di Bartolo

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