In questi primi giorni del nuovo anno è diventata virale la notizia che la premier più giovane al mondo, la trentaquattrenne finlandese Sanna Marin abbia presentato la proposta di ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni per sei ore quotidiane.
“Io credo che le persone si meritino di passare più tempo con quelli a cui vogliono bene e di coltivare i propri hobbies e altri aspetti della vita, come per esempio la cultura.” ha affermato la Marin.
In realtà il Paese scandinavo è da sempre sensibile a queste rivoluzioni, dato che già nel 1996 con il “Working Hours Pact” aveva reso flessibile l’orario di lavoro permettendo di iniziare o finire il turno fino a tre ore prima o dopo.
Non è un caso forse che la Finlandia sia da sempre ai vertici delle classifiche dei Paesi più felici al mondo. Nella vicina Svezia inoltre, la settimana lavorativa proposta dalla premier è già una realtà dal 2015 e ha avuto riscontri positivi in tutti gli aspetti: maggiore produttività, minor assenze per malattia e più felicità.
Anche in Giappone la Microsoft Japan ha ridotto la settimana lavorativa senza toccare la retribuzione e secondo i dati forniti dalla stessa azienda, la produttività è aumentata del 40% durante il periodo di prova. La durata delle riunioni interne si è dimezzata e si sono registrati risparmi in termini di elettricità e di carta utilizzata, con un effetto positivo anche sull’ambiente.
Sempre nel Paese del sol levante, la catena di abbigliamento Uniqlo, dal 2015, ha offerto ai propri dipendenti la possibilità di andare a lavoro solo quattro giorni a settimana, ma con dieci ore giornaliere.
Anche in Nuova Zelanda è stato provato l’esperimento della settimana lavorativa corta con successo e la Perpetual Guardian ha deciso di rendere la policy permanente. Il suo fondatore, Andrew Barnes, ritiene infatti che ciò implichi non soltanto un giorno in più di riposo, ma che sia in grado di spronare i dipendenti nel mantenere uno standard elevato volto a soddisfare le esigenze dei clienti.
In Italia il nuovo presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, sostiene da tempo che una riduzione dell’orario di lavoro, a parità di stipendio, sia una leva per far aumentare l’occupazione e per ridistribuire la ricchezza.
Sembra però davvero lunga la strada per arrivare ad applicare anche nel nostro Paese questa rivoluzione lavorativa.
Di certo è che l’equilibrio anche in questo contesto sembra essere la soluzione: se il lavoratore fosse messo in condizione di potersi dedicare alla vita privata e professionale in maniera più bilanciata, questo lo renderebbe più felice e di conseguenza renderebbe il suo lavoro migliore.
Riccardo Pallotta