Una lingua e un alfabeto sconosciuti rendono il testo un rompicapo per gli esperti
Era il 1912 quando un mercante di libri polacco, Wilfrid Voynich, acquistò un libro fuori dal comune dal collegio gesuita di Villa Mondragone presso Frascati. Il testo è apparso immediatamente incomprensibile, scritto in un alfabeto e in una lingua sconosciuti, con rappresentazioni curiose di macchinari e piante. Il codice risultò ancora più interessante per il rinvenimento tra le sue pagine di una lettera di Johannes Marcus Marci (1595-1667), medico di corte di Rodolfo II di Boemia e rettore dell’Università di Praga, nella quale affidava il volume al poligrafo Athanasius Kircher affinché lo decifrasse. La data dell’epistola reca l’anno 1665 e nel corpo viene indicato dall’autore che il codice venne ereditato da un amico e che il suo precedente proprietario era stato l’Imperatore Rodolfo II. Il manoscritto passò poi da Voynich a Hans Peter Kraus, altro mercante di libri antichi, che infine lo donò all’Università di Yale dove ancora oggi è conservato. Le numerose immagini a colori che lo popolano permettono di intuire gli argomenti trattati: botanica, astronomia e astrologia, biologia e farmacologia. Le pagine risultano numerate, cosa che ha portato a dedurre un originale numero di 116 fogli (di cui 14 risultano mancanti) divisi in 20 fascicoli nel processo di rilegatura. La datazione mediante carbonio-14 ha ricondotto le pergamene di vitello di cui è composto ad un periodo compreso tra il 1404 e il 1438. Mentre secondo alcuni la lingua è in realtà frutto della fantasia di falsari, e dunque del tutto fittizia, secondo altri potrebbe trattarsi di un idioma di carattere filosofico-scientifico ideato da un esperto dell’epoca, altri ancora suppongono che si tratti di una lingua antica ormai estinta probabilmente non appartenente all’area del Mediterraneo. Il mistero del manoscritto Voynich dunque perdura, in attesa di qualcuno che ci renda nuovamente in grado, dopo secoli, di accedere al suo contenuto.
Glenda Oddi