Lo spasmodico bisogno di apparire

Facebook: il lago nel quale Narciso morì, innamorato di se stesso. Questa, probabilmente,  la sorte di molti, invaghiti di un volto raggiungibile soltanto nell’estasi che alimenta non soltanto il popolo dei social, ma la nostra stessa epoca.

L’estasi non legata alla cultura, alla conoscenza, alla bellezza, ma vissuta attraverso una dilagante ignoranza, intesa come l’ignorare, distrattamente, pigramente, inconsapevolmente, tutti quei sapori che permettono la storia, l’arte, la continuità dei tempi. A risentire fortemente di questo vuoto creativo, che poi è il vuoto del sentimento, è l’editoria, costretta ad accontentarsi e a valorizzare talenti  bassi ,  imponendo al lettore un risultato frustrante. Per fortuna che esistono ancora i classici, il mondo che consola l’élite e che annoia i più, non soltanto a scuola. In questo groviglio triste di confusione e definizioni forzate, sempre più elevato è il numero degli esibizionisti, pronti a farsi avanti indossando ruoli fuori taglia, per non dire ridicoli, dove non resta che aggrapparsi alle lunghe, oscillanti funi di ironia e così scimmiottare  questo disastro sociale che si racconta da sé.

Quando si parla di  cultura, non ci si riferisce alla conoscenza meramente dottrinale, bensì alle emozioni, alle sensazioni, alle ispirazioni, al filone di elettricità che unisce chi crea a chi riceve. I mistici ritenevano che ogni forma di sapere fosse legata in maniera vitale all’amore, non vi è amore senza sapere e non vi è sapere senza amore. Questo ci conferma l’essenzialità del protagonismo, tipico di coloro che oltre al proprio volto idealizzato sulla superficie di un lago, non hanno scoperto l’altro da sé, che implica scoperta, sentimento e generosità, sorella appunto dell’ imprescindibile amore.

 

Eleonora Giovannini

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