Con l’avvento e la proliferazione, negli ultimi decenni, della tecnologia in ogni forma di dispositivo elettronico e dal recente affermarsi delle auto elettriche, sta diventando sempre più importante e richiesto il litio. Un metallo alcalino tossico che però è molto diffuso in natura, da dove è estraibile.
Per formare però le moderne e ormai indispensabili batterie al litio, nonostante il nome, è indispensabile un altro materiale, un metallo duro simile all’argento: il cobalto.
A differenza del litio, quest’ultimo non si trova allo stato naturale e si ottiene solo dal rame e dal nichel e nell’ultimo quinquennio la sua domanda è addirittura triplicata.
Oltre il 70% del cobalto mondiale si trova nella Repubblica Democratica del Congo e nello Zambia, dove le miniere sono sfruttate da multinazionali, dove in condizioni estreme, l’estrazione avviene in maniera manuale e molto spesso da parte di minori.
Amnesty International, in un’indagine di qualche anno fa, denunciò che nelle piccole, pericolanti e strette gallerie di estrazione fossero introdotti bimbi di 6-8 anni e che le stesse famiglie siano totalmente in mano a un caporalato bestiale che agisce con minacce e dure repressioni.
Secondo alcuni dossier redatti da International Right Advocates, un’associazione di legali per i diritti umani con sede a Washington), nel solo Congo moltissimi bambini lavorerebbero illegalmente nelle miniere della multinazionale Glencore, che vende il cobalto a Umicore, un trader basato a Bruxelles, che a sua volta lo raffina per venderlo poi a Google, Tesla, Microsoft e Dell.
Quattordici famiglie appoggiate da IRAdvocates hanno deciso di fare causa ad Apple, Google, Dell, Microsoft e Tesla chiedendo i danni per lavoro forzato e compensazioni per arricchimento illecito, inflizione intenzionale di sofferenza emotiva e fisica e vigilanza negligente. Secondo IRAdvocates le multinazionali hanno piena conoscenza del tipo di forza lavoro e delle disumane condizioni a cui è sottoposta per estrarre il cobalto necessario ai loro prodotti tecnologici.
In realtà bisogna prendere coscienza del fatto che la colpa non sia solo delle multinazionali, ma anche nostra, che vogliamo ignorare questo lato ‘oscuro’ e scomodo, per poter soddisfare il nostro diletto con i vari giochi tecnologici.
Più spesso dovremmo considerare tutti gli aspetti di un avanzamento tecnologico o di un abbassamento dei prezzi, perché quasi sempre corrisponde a una prevaricazione e sfruttamento a danno di altri meno fortunati e tutelati. Far finta di non vedere, o di non sapere, voltarsi dall’altra parte ci rende complici della morte o, nel migliore dei casi, del ferimento di questi piccoli operai che lavorano oltre 10 ore al giorno per appena 2 dollari.
Riccardo Pallotta