Elezioni europee, 8 e 9 giugno 2024
by Bruno Cimino
L’8 e il 9 giugno 2024 gli elettori italiani, che avranno compiuto 18 anni di età, potranno scegliere con il loro voto 76 deputati per il nuovo Parlamento europeo, composto da 720 seggi.
I deputati eletti nelle liste dei partiti nazionali convergeranno “per affinità politica” nei sette gruppi europei.
Attraverso una lettura da una prospettiva neutra, votare oppure astenersi alle prossime europee diventa una scelta comunque socialmente utile.
Come è di consueto tra gli esseri umani, le opinioni sono sempre discordanti e questo vale per ogni argomento che ci accomuna, imbastito per dialogare o discutere.
In tema di elezioni politiche la domanda è sempre la stessa: chi votare e perché. Qui i distinti antagonismi sarebbero molto facili da individuare. Ci sono quelli dell’Io-non-voto e quelli che della politica ne fanno una ragione d’appartenenza, per vari motivi che, oramai lo possiamo ben dire, non si identificano più con un ideale di riferimento ben preciso e su questo credo che siamo tutti d’accordo.
In Italia, nel 1979 si registrò un’affluenza record del 90 per cento, ma dopo di allora i non votanti sono diventati un numero sempre più inarrestabile.
Vale la pena ricordare che nelle elezioni europee 2014 ha votato solamente il 42,5 per cento degli aventi diritto. Nel 2019 c’è stato un leggero aumento determinato da un’affluenza più consistente di nuovi giovani elettori.
Dunque, quello dell’astensionismo è un fenomeno in continua crescita. I motivi sono tanti, da quelli meno additabili per cause, diciamo, non dipendenti dalla propria volontà, a quelli con motivazioni sociali. Ed è così che dalla protesta e con la sfiducia si genera l’apatia e il disinteresse.
Si legge, da qualche parte, che “molta letteratura scientifica (?) si sforza di comprendere a fondo le cause dell’astensionismo” e che “non esiste una teoria generale che ne spieghi le cause”.
Ci potrebbe essere solo un modo per cambiare la rotta: rendere obbligatorio votare, così come lo è, per esempio, in Belgio e in Lussemburgo. In Italia il voto era considerato obbligatorio fino al 1993, oggi, secondo la Costituzione, è solo un dovere civico.
È opinione comune, specialmente in Italia, che la scelta di non andare a votare sia causata dai candidati, di questo o quel partito o movimento, ritenuti poco credibili per i fatti di cronaca che giornalmente si susseguono e che danneggiano la salute delle opinioni popolari.
Se lo strumento elettorale per invogliare la partecipazione alla cosa pubblica non invertirà tale negativa tendenza, allora ci troveremo davanti alla madre dei problemi di convivenza democratica, ciò significa che verrà messa in dubbio la legittimazione delle istituzioni democratiche e dei partiti politici. Il risultato, ahimè, potrebbe favorire una realtà né liberale né democratica.