50 anni fa iniziava la carriera della Carati, un sex simbol degli anni settanta e ottanta
In questi giorni cade il 50° anniversario dall’entrata in scena, in un contesto pubblico, di Lilli Carati, che proprio nel 1973 decise di presentarsi ad una delle selezioni di Miss Italia (che poi fu l’edizione del 1974).
Il suo verso nome era Ileana Caravati, nacque a Varese nel settembre del 1956, in una tranquilla famiglia benestante di commercianti, che la voleva vedere laureata. Però Lilli intraprese la via del cinema, si trasferì a Roma e venne schiacciata da un mondo privo di scrupoli, che la portò alla depressione, all’uso delle droghe, che annientarono il suo talento. Morì di cancro nell’ottobre del 2014, all’età di 58 anni, ma ad un certo punto della propria vita seppe prendere le redini del destino, dimostrando orgoglio ed intelligenza, anche se l’ultimo treno per il successo se ne era andato da un po’.
Quando si narra della Carati, si parla sempre di una persona fragile, entrata nel mondo della pornografia per guadagnare soldi in breve tempo, per acquistare la droga, di cui fu dipendente per diverso tempo.
Noi vogliamo invece far emergere le qualità di una ragazza che, giovanissima, ebbe il coraggio di mettersi in gioco, di provarsi a scalare la strada del successo, con un carattere poco incline al compromesso. “dopo il liceo io volevo lavorare, mio padre invece voleva che proseguissi con l’Università. Decisi così di iscriversmi ad una scuola per indossatrici, che abbinava studio a lavoro”, disse in un’intervista dei primi anni duemila. Venne eletta Miss Eleganza Lombardia, un riconoscimneto che la portò ad arrivare nella fase finale di Miss Italia 1974.
Ecco il suo carattere poco incline alle convenzioni: “mi sentivo come ad una mostra canina, c’era una competitizione che non accettavo e mi sono resa conto quanto fosse assurda quella kermesse”.
La moda la portò ad essere notata per entrare nel mondo del cinema: si prestò per alcuni provini ed iniziò a girare i primi film. “Di che segno sei?”, “Squadra antifurto”, “La compagna di banco”, sono alcuni dei lavori in cui recitò negli anni settanta, pellicole che puntavano sulla carica sensuale di Lilli.
La popolarità arrivò con “Qua la mano”, un film di Pasquale Festa Campanile al fianco di Adriano Celentano. Lilli è brava e intuitiva: malgrado la droga da quache tempo sia entrata nella sua vita, come “antidoto” alla depressione, la ragazza riesce a trovare sempre la forza per lavorare e mettercela tutta nel riuscire. E ci riesce. Per questo, nel 1979, è scelta per interpretare la proptagonista della commedia “Il corpo della ragassa”, sempre di Campanile, ispirato al romanzo di Gianni Brera.
Lilli Carati girò quasi 30 film, compresi alcuni pornografici, che lei stessa non ha mai fatto mistero di avere interpreato per questione di soldi e di dipendenza dalla droga.
Dopo un tentato suicidio, ricadute negli stupefacenti e amicizie “tossiche”, Lilli ad un certo punto della propria vita decide di dire “basta!”.
Entra in una comunità di disintossicazione e con grande carattere e amore per la vita riesce a ritrovare se stessa sconfiggendo le fobie, le paure e quel senso di non essere mai all’altezza che aveva caratterizzato la sua carriera e la sua vita negli anni precedenti.
Quando Lilli è tornata a casa, nella propria famiglia, ha trovato l’affetto dei suoi e la voglia di raccontare e scrivere la propria esperienza, che rappresenta un preziosissmo monito per tutte quelle ragazze che vogliono intraprendere il mondo dello spettacolo, oppure, semplicemente, hanno l’ambizione di affrontare esperienze accattivanti, che possono nascondere “trappole”. I racconti di Lilli, non voglio tarpare le ali a chi vuole “osare” nella vita, ma semplicemente vogliono indurre la capacità di utilizzare la sensibilità, l’intelligenza e l’amor proprio, come antidoti alla soppraffazione.