Agli inizi del XVI secolo Papa Leone X e Raffaello Sanzio furono attivi in un comune progetto di cui il nostro spirito di conservazione dei beni culturali è diretta filiazione.
Nel secondo decennio del 1500, infatti, il pontefice incarica l’artista di studiare il territorio di Roma in relazione alle sue rovine al fine di creare una mappa della città antica. La situazione ha rappresentato, in relazione alla spiccata sensibilità di Raffaello e dello stesso Leone X, la prima occasione per rilevare lo stato di conservazione delle strutture di età romana. In una lettera al pontefice l’artista mette in evidenza, con grande coinvolgimento emotivo, le preoccupanti condizioni delle strutture esposte a secoli di incuria e razzia dei materiali, secondo il consueto processo del riuso che si era originato in epoca medievale. Il testo è incompleto ed aveva probabilmente la funzione di introdurre una raccolta di piante e disegni ricostruttivi volti a prestare fede alle disposizioni papali. Attribuita in un primo momento alla sola mano di Raffaello, è ormai condivisa l’opinione che, data la scarsa dimestichezza dell’artista nella scrittura, l’umanista Baldassar Castiglione è stato suo coautore. Ricordiamo che l’epistola rappresenta anche una delle ultime tracce che abbiamo dell’artista, la morte lo coglie infatti prematuramente nel 1520, impedendogli di ultimare le piante e i disegni a cui stava lavorando. Attualmente la lettera di Raffaello al pontefice, insieme alla sua attività di ricognizione, sono ormai concordemente riconosciute dagli esperti come prima radice del forte sentimento di tutela che caratterizza lo stato, e dunque anche della nostra particolare legislazione in materia.
Glenda Oddi