Le streghe di Triora

Se oggi l’espressione caccia alle streghe è usata come modo di dire per indicare la ricerca a tutti i costi di un responsabile da offrire alla pubblica gogna, dal Medioevo fino alle soglie dell’Illuminismo, bastava una grandinata o un raccolto finito male per accusare qualcuno di essere al servizio del diavolo. A fare le spese di questo dramma della superstizione furono le donne, circa il 75% delle condanne le riguardò direttamente in quanto depositari di segreti antichi ed in quanto esperte levatrici e curatrici. 

Ed è proprio nell’entroterra ligure nella riviera di Ponente, a Triora che 420 anni fa si svolse uno dei più importanti processi di stregoneria. 

Fu un vero e proprio fenomeno di isteria collettiva, una vera e propria caccia alle streghe.

Nell’autunno del 1587 arrivarono in quel piccolo borgo di montagna dei vicari dell’inquisizione di Albenga e di Genova. Da un paio di anni infatti le campagne circostanti erano colpite da una forte carestia e nell’estate di quell’anno vennero additati come responsabili di quella piaga alcune donne povere che vivevano alla periferia del villaggio. 

La gente stanca di patire la fame le aveva accusate di riunirsi in un casolare appena fuori di Triora per compiere dei rituali. 

Alla luce di queste accuse il parlamento di Triora mise su un processo e l’autorità religiosa mandò i suoi due vicari inquisitori.

Le prime venti donne arrestate furono torturare fino a che non denunciarono altre presunte complici, molte di esse appartenenti alla nobiltà locale. 

Quando da Genova arrivò in paese un commissario speciale il numero di arresti e torture aumentò in tutta la zona e in alcuni territori confinanti tanto da preoccupare anche la Chiesa che nel 1589 chiese ed ottenne la chiusura del processo dopo due anni di terrore e sangue. A tutt’oggi nessuno a quanto ammontino le vittime di Triora. 

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