Le origini del K-pop

Era il 23 ottobre 2012 quando il mondo occidentale ha avuto un primo assaggio del fenomeno k-pop grazie all’uscita del video musicale “Gangnam Style” di PSY.

Prima della diffusione del tormentone di PSY, che oltretutto era un brano ironico volto a rappresentare in chiave parodistica lo stile di vita sfarzoso e mondano tipico dei residenti del distretto di Gangnam, dalle nostre parti il k-pop era un genere di nicchia: i pochi che lo conoscevano già (compresa la sottoscritta) probabilmente lo avevano scoperto quasi tutti allo stesso modo, ovvero partendo dall’ascolto di altri generi geograficamente vicini alla Corea, come il j-rock, il j-pop e il visual kei giapponese o il pop cantonese, e approdandovi solo in seguito grazie al passaparola tra amici o ai suggerimenti proposti dall’algoritmo di Youtube (com’è stato nel mio caso).

La maggior parte degli occidentali ha dovuto aspettare fino al 2017 prima di rendersi conto della seconda e più forte onda coreana già in procinto di sommergerli: in quell’anno i BTS iniziavano a introdursi nel mercato mainstream statunitense e negli anni successivi la loro popolarità è cresciuta fino a toccare un picco nel 2020-2021.

Eppure il k-pop non è un fenomeno tanto recente né una moda passeggera.

Una sua forma embrionale viene fatta risalire all’ultimo ventennio dell’Ottocento, quando alcune canzoni popolari occidentali vennero riscritte in coreano. La scena musicale coreana venne fortemente condizionata nel periodo dell’occupazione giapponese, intorno al 1920, per poi fiorire con la ripresa economica che si verificò negli anni cinquante, dopo la fine della Guerra di Corea, quando gli scambi economici e culturali con gli Stati Uniti e il movimento hippy fecero scoprire una produzione più scanzonata, fatta di trot e ballad.

Tuttavia, le radici del k-pop vero e proprio, per come lo conosciamo oggi, risalgono a 32 anni fa e si collocano in una data precisa.

Era l’11 aprile 1992 quando Seo Taiji e i ballerini Yang Hyunsuk e Lee Juno si esibirono con il loro primo singolo “난 알아요  (I Know)”  in un talent show della MBC. Il brano era il frutto di una fusione tra la musica pop americana, che a quei tempi iniziava a diventare popolare in Corea e che Seo Taiji stava imparando a riprodurre studiando il protocollo MIDI e i campionatori , e generi black come l’hip hop, il new jack swing e il rap. Quel giorno il trio, che si era presentato col nome Seo Taiji and Boys, ricevette il punteggio più basso dai giudici (7.8 su 10), ma i beat ispirati al new jack swing, i ritornelli pop e l’introduzione di versi rap (che erano una novità assoluta nella musica coreana tanto quanto l’uso della coreografia) conquistarono il pubblico.

Il disco che conteneva la canzone vendette un gran numero di copie a una velocità tale da superare qualunque altro brano prodotto nei dieci anni precedenti e si piazzò al primo posto nelle classifiche per 17 settimane di fila.

I Seo Taiji and Boys sono quindi universalmente riconosciuti come i veri pionieri del k-pop e hanno anche il merito di aver portato al pubblico brani di critica sociale, riuscendo con abilità ad aggirare i limiti e le pressioni imposte dalle commissioni etiche e di censura.

Nel corso della loro attività, che si è conclusa con lo scioglimento della band nel 1996, il trio ha pubblicato 4 album in studio, che hanno venduto tra 1,3 e 2,1 milioni di copie, piazzandosi nella classifica dei dischi più venduti in Corea del Sud fino al 2011, quando hanno iniziato a essere superati dai loro eredi musicali.

Yami

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