Le Arti applicate: cosa sono realmente?

L’arte è un mondo sconfinato, e con il progredire del tempo, pare sempre più labirintico. Facciamo allora chiarezza su un termine di cui si parla spesso ma di cui realmente non si focalizzano i connotati: le “arti applicate”.

Con esse si fa riferimento al rapporto fra le arti dette “maggiori”, quali pittura, scultura, architettura, cioè disinteressate e mosse solo da un intento estetico, e quelle impropriamente definite “minori” o “decorative”, ovvero finalizzate alla qualificazione formale dell’architettura o degli oggetti d’uso, per l’appunto applicate ad uno oggetto.

Entrambe le categorie, arte pura e arte applicata, necessitano della padronanza di una tecnica poiché richiedono la conoscenza e il perfezionamento di alcuni procedimenti utili alla trasformazione delle materie grezze in un prodotto nuovo, estetico, delle più disparate categorie, da un affresco a un lampadario, a un mosaico, a un quadro o una tazza cesellata.

Da ciò consegue che la distinzione fra tecniche artistiche e tecniche produttive abbia un valore solamente schematico.

Le arti applicate iniziano ad autodefinirsi nel Rinascimento, per conseguire un più alto valore estetico, iniziando a distinguersi concettualmente da quelle meramente produttive che includono finalità più ampie.

Presente da sempre nella storia della civiltà artistica di ogni paese, la relazione fra arte pura e applicata acquista una valenza diversa all’indomani della rivoluzione industriale, allorché la macchina introduce significative varianti nei mezzi di produzione degli oggetti per i quali si abbandona la prassi dell’esecuzione manuale, legata agli strumenti e alla sapienza dell’artigiano per indirizzarsi in quella meccanizzata.

In questo momento appare un’ antinomia fra oggetto artigianale e realizzato a macchina. Se il primo è frutto della lunga tradizione dell’artigianato artistico di cui salvaguarda come valore l’irregolarità del gesto pittorico o plastico considerato impronta della unicità dell’autore, il secondo si riferisce alla ripetizione impersonale da un prototipo che viene riprodotto in serie sempre uguale a sé stesso.

In barba a questo lato di sequenzialità, alcuni pensatori illuministi come Diderot, ritenevano di valore questo procedimento in quanto garantiva l’esecuzione in assenza di errori grazie alla macchina.

Con le grandi esposizioni, di cui la prima si tenne a Parigi nel 1798, si assisteva alla trasformazione della produzione di oggetti e utensili, le innovazioni tecnologiche, indirizzate verso il consumo di massa. La prima di carattere universale nel 1851 a Londra la metà del secolo XIX con il Palazzo di Cristallo di Paxton, fortemente voluta dal principe Alberto per proporre modelli estetici per l’industria contro l’appiattimento estetico causato dalla produzione industriale di oggetti soprattutto nell’architettura e arredamento.

E’ così che in Inghilterra nasce il movimento delle Arts & Crafts, incentrato sulla didattica artistica e musei dedicati alle arti applicate per tutelare una integrazione tra arte e industria.

Nel dibattito vivace in Europa (Germania, Francia, Belgio) del secolo XIX, gli artisti e gli architetti abbandonano l’aprioristica condanna della macchina per ricercare un rapporto più equilibrato fra l’estetica della forma e le ragioni della funzione, della materia, della meccanizzazione del processo produttivo.

Mentre va emergendo un’estetica funzionale a costi e materiali, lo stile “Art Nouveau” rilancia il primato dell’architettura cui tutte le arti, senza distinzione fra pure e applicate, si uniformano nel principio dell’unità stilistica.

L’Art nouveau, permeando ogni elemento dello spazio interno o della facciata, abbatte la scissione fra artigianato e industria.

Agli inizi degli anni ’20 la consapevolezza delle questioni legate alle arti applicate e all’industrial design costituisce un panorama articolato che include sia l’evoluzione verso il funzionalismo e la standardizzazione della grande industria (Automobili Ford in USA) che il mai del tutto risolto confronto fra le esigenze della creatività artistica e quelle della razionalizzazione della forma finalizzata alla produzione in serie (Bauhaus di W. Gropius).

di Marino Ceci

Articoli simili

Aggiungi un posto a tavola

Notte Bianca 2024 a Villa Medici

Cos’è l’alchimia I parte