Lavoro, Pandora vuole favorire un’integrazione

Grazie alla Cooperativa Sociale in 10 anni sono state tante le persone aiutate, 100 solo nel 2021. Il profilo dei lavoratori, suggerito da agenzie di lavoro o pervenuto da candidature spontanee, viene segnalato da enti, cooperativa e fondazioni per sostenere colloqui conoscitivi realizzati da un team competente della cooperativa

Promuovere l’inserimento nel mondo del lavoro del maggiore numero possibile di soggetti svantaggiati, tra cui persone in carico a Sert, Noa e Cps, ma anche detenuti ed ex detenuti. È questo l’obiettivo di Pandora (https://www.cooperativasocialepandora.it/), Cooperativa Sociale di tipo B che opera dal 2012 su tutto il territorio nazionale per il reinserimento lavorativo di soggetti in difficoltà. Un impegno grazie al quale, ad oggi, la cooperativa ha aiutato oltre 200 persone a trovare lavoro. Come funziona il processo di reinserimento? Il profilo dei lavoratori, suggerito da agenzie di lavoro o pervenuto da candidature spontanee, viene segnalato da enti, cooperativa e fondazioni per sostenere colloqui conoscitivi realizzati da un team competente della cooperativa. Le persone vengono poi seguite nel percorso di inserimento lavorativo direttamente dal personale della cooperativa. Progetti di reinserimento sono attuati con vari partner di Pandora, tra cui Fondazione Eris (https://www.fondazioneeris.it/), realtà che opera nel mondo della cura delle dipendenze, con il fine di valorizzare la persona attraverso la cura e la promozione delle risorse personali. Con Davide Damiano, Presidente della Cooperativa Sociale Pandora, cerchiamo di capire le trasformazioni del mondo del lavoro e le modalità da adottare per una giusta integrazione delle persone.

In che modo il lavoro è stato penalizzato dalle diverse situazioni sociali vissute nel XXI secolo?

«La perdita del senso di collettività che porta inesorabilmente ciascun individuo a essere valutato solamente in base a dati e performance economiche. Questo porta a un inasprimento dei rapporti lavorativi che si esprime concretamente nell’abbandono da parte della società di quella fascia di popolazione più debole e meno pronta (cioè con meno strumenti) ad affrontare la società di oggi. Credo che questo non valga soltanto per i soggetti più deboli ma anche per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, infatti oggi l’abbandono del posto di lavoro è un tema che i giornali stanno affrontando spesso. Diciamo inoltre che le misure assistenziali varate dai recenti governi non aiutano una ripresa sana (anche il terzo settore rischia di essere puramente assistenzialista, quando non innova oppure quando non crea valore per le persone che lo popolano e per la società in cui siamo immersi ma crea soltanto una risposta nel breve periodo al problema del disagio sociale e lavorativo). Credo anche che questa situazione porti alla carenza della figura dei “maestri”. Nella maggior parte dei casi i capi sono i capi e questo crea una voragine tra chi deve apprendere e chi insegna. Manca poi la consapevolezza che le misure prese dai governi incidono nella vita di tutti i giorni. Senza questa consapevolezza le persone si sentono spaesate e non sono in grado di essere accompagnate in un percorso lavorativo sano e costruttivo».

Con la cooperativa come intendete valorizzare il mondo occupazionale?

«Pandora punta a insegnare un metodo di lavoro (a prescindere dal lavoro svolto) che permetta alle persone di non disperdersi una volta che cambiano lavoro o intraprendono un nuovo percorso. Poi certamente anche insegnare a compiere un mestiere in maniera accurata e far apprendere competenze è parte integrante della nostra struttura e della nostra vocazione lavorativa».

Francesco Fravolini

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