Da tempo, si sa, in molti uffici di più aziende, assistiamo all’assenteismo da parte dei dipendenti, non soltanto statali, che si traduce in una vera e propria noncuranza, non sempre “scoperta”, ma il più delle volte “intuita” dagli stessi datori di lavoro.
Non ci si riferisce soltanto al numero delle assenze, per le quali sono previste delle norme specifiche, ma a tutta una serie di condotte lesive per la stessa azienda e che ricadono inevitabilmente su coloro che al contrario lavorano. Possiamo citare alcuni esempi, come i furbetti del cartellino, che hanno fin da sempre consentito uscite al mercato, momenti di lavoro pagati per fare shopping, fino a considerare il fenomeno del boom delle connessioni internet, che ha favorito il proliferarsi di fannulloni sui social network, in modo particolare su facebook. Vi sono poi gli scansafatiche inosservati, quelli che fingono di essere super operativi, che bussano alla porta del capo insistentemente, ma che di fatto lasciano che sia il collega a farsi carico della fatica e a produrre al suo posto. Sono i più pericolosi, quelli dediti all’arruffianamento e che, se ne hanno la possibilità, tentano di screditare l’operato altrui con metodi subdoli e vili. Lo stesso chiacchiericcio che generano tra un ufficio e l’altro, comporta distrazione dai compiti necessari per un significativo e redditizio apporto lavorativo.
Diciamolo, le aziende hanno bisogno di lavoratori, di professionisti competenti che non perdano tempo e denaro. Una qualità poco presente, perfino in questa epoca di forte crisi economica, dove probabilmente il dipendente si sente tutelato anche da garanzie che si riferiscono alla privacy, come ad esempio il D.Lgs.196/2013, che tiene fortemente conto della riservatezza del lavoratore: una società non può controllare il contenuto del pc di un dipendente senza averlo informato di questa possibilità e senza il pieno rispetto della libertà e della dignità del lavoratore.
Ci si domanda allora quale sia la vera dignità di un dipendente, se non la strumentalizzazione di una legge a proprio favore per scaldare la poltrona senza rischi. E ci si domanda quali siano i diritti di un datore di lavoro, in quale misura vengano considerate le sue qualità personali, quelle di chi garantisce il lavoro a numerose persone, di chi “investe” affinché l’azienda produca non soltanto in virtù degli stipendi.
Eleonora Giovannini