L’atleta di Taranto: analisi di uno scheletro di 2500 anni fa

Nel Dicembre del 1959, durante dei lavori di smottamento a Taranto, è tornata alla luce la tomba di un atleta, il cui scheletro ci fornisce importati informazioni sulla sua vita.

La tomba consisteva in una fossa scavata nel tufo e coperta da lastroni piani. Il corpo era custodito in un sarcofago in pietra con decorazioni. Un alabastron (fiaschetta utilizzata dagli atleti per contenere unguenti) era l’unico elemento del corredo posto accanto al defunto. Quattro anfore panatenaiche, delle quali una è andata distrutta, erano poste presso gli angoli della sepoltura. Recano tutte la raffigurazione della dea Atena con atleti di varie discipline: pugilato, corsa con la quadriga, lancio del disco, salto in lungo. In base all’analisi ceramografica si datano ai primi decenni del V sec. a.C., consentendoci di collocare il periodo di vita del soggetto in questo lasso di tempo.

Lo studio dello scheletro ha permesso di fare scoperte interessanti riguardo lo stile di vita e l’alimentazione. L’analisi delle suture craniche, delle sinfisi pubiche e di altre parti del corpo soggette a un particolare mutamento in relazione all’età, ci indicano che al momento della morte il soggetto doveva avere tra i 25 e i 30 anni. La sua statura era all’incirca di 1,70 metri e pesava tra i 65 e i 70 chilogrammi. L’osservazione della conformazione ossea, del grado di usura delle articolazioni e dello sviluppo della muscolatura, in base alle tracce lasciate dai muscoli sulla struttura scheletrica, mettono in evidenza un corpo robusto d’atleta. Lo studio di questi stessi elementi, inoltre, suggerisce un’intensa attività fisica attinente le discipline sportive raffigurate nelle anfore, cosa che fa supporre che il soggetto praticasse con tutta probabilità il pentathlon. Questo fatto porta, di conseguenza, a dedurre che l’ultima anfora doveva rappresentare Atena con un lottatore, un lanciatore di giavellotto e un corridore. La raffigurazione su una di esse della corsa con la quadriga può alludere ad una agiata condizione di vita del soggetto, che gli rese possibile il possesso di cavalli da corsa, o ad un ulteriore sport da lui praticato.

La dentatura assolutamente perfetta suggerisce che ebbe una dieta povera di carboidrati, probabilmente anche associata ad una particolare attenzione per l’igiene orale. Alcune analisi chimiche sulle ossa mettono in evidenza un’alta concentrazione di arsenico. Questa può essere motivata con l’assunzione di acqua arsenicata e/o il grande consumo di molluschi, che tendono ad accumulare nei propri tessuti i metalli. Quest’ultimo elemento trova sostegno in una piccola lesione riscontrata nel condotto uditivo destro, caratteristica dei soggetti che praticano immersioni frequenti. A questo, bisogna aggiungere che Taranto era anticamente molto attiva nella produzione di ceramiche dipinte e porpora, create in buona parte in officine poste presso la costa del Mar Piccolo, cosa che può aver portato, in relazione agli scarichi delle produzioni in mare, ad una particolare concentrazione di arsenico nell’acqua. Infine, l’alta presenza di questa sostanza nelle ossa, può essere anche legata ad una sua volontaria assunzione; fino a pochi decenni fa, infatti, l’arsenico era considerata una sostanza corroborante e per questo era usata in vari tonici e medicinali.

Sulle ossa non ci sono tracce di traumi o patologie che possano aver causato la morte del soggetto. Questo fa avanzare l’ipotesi di un collasso degli organi interni dovuto all’alta presenza di arsenico nell’organismo. Le tombe di atleti greci conosciute fino a questo rinvenimento erano tutte collettive, il fatto che questa sia una sepoltura singola la rende un unicum nel mondo dell’archeologia e mette in evidenza il particolare prestigio dell’atleta.

Glenda Oddi

Bibliografia:

-Baggieri G., Un testimone dei giochi sportivi dell’antichità: l’atleta di Taranto, catalogo, BI-MED, Salerno, ottobre-novembre 2001.

-Baggieri G., Skeletal Alterations in the Athlete of Taranto (Italy, V century B.C.). Consequences of Panathenaic Competition, in “Paleopathology Newsletter”, n. 118, giungo 2012.

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