La notizia

Uno scritto si definisce universale quando chiunque legga dice: “sembra scritto per me!”.   Succede con una poesia, con una canzone, perché l’abilità di chi compone è quella di cogliere l’essenzialità del contenuto comune a tutti.

In quanti dunque vorrebbero poter godere di un pezzo e così condividerlo, tuffarcisi dentro, trarne nuova ispirazione e, perché no, quel sottile senso di riscatto da qualcosa di ingiustamente taciuto. Il male che subiamo, molto spesso gratuitamente, tendiamo a deviarlo in comportamenti liberatori e consolatori che potremmo descrivere in più modi. Il primo è la rotta verso il bene quasi mistico, generoso, che ci induce alla compassione, ad un distacco sereno dall’altro che ci salva e rende immuni ad ogni tormento. Il secondo è l’indignazione, l’amara constatazione che trasportiamo nei meandri della mente sublime, elevata e snobista. Esiste poi il terzo modo, quello di chi non ha la misura equilibrata nella reazione, che è maledettamente diretto, che trascura le conseguenze delle sue azioni, anche se motivate dal bisogno di giustizia. La terza categoria è dei trasgressivi, perché oggi amare la verità è una trasgressione, è essere sfrontati nella ricerca del giusto, privi di convenevoli, dei ragionamenti di comodo. Un animo anarchico che appartiene ai bambini, agli innocenti, agli ingenui, agli eroi. Il desiderio di isolarsi, la fobia per la comunicazione, il bisogno di dare affetto solo agli animali, la diffidenza e l’ironia, derivano esattamente dal disgusto per una società contaminata dall’ anaffettività, da manie e fissazioni che spesso sfociano nei comportamenti più aberranti e lesivi. La lotta contro la violenza e al tempo stesso la discussione morbosa sulla stessa, da parte di organizzazioni che ne traggono visibilità e guadagno, è soltanto un esempio dello stile di vita di molti. E se vogliamo rendere questo pezzo assolutamente universale, possiamo parlare di molto altro ancora, dell’infelicità nelle famiglie, dei matrimoni affidati all’apparenza, purché nessuno sappia qualcosa. Possiamo parlare dei bambini tristi  in case vuote, dove i genitori non sono necessariamente  separati, ma stanno per conto proprio e non dialogano con loro. Possiamo parlare di chi soffre senza un tetto, sotto gli occhi di tutti, nel freddo e nell’assenza di amicizia. Possiamo parlare degli anziani maltrattati nelle case di riposo, dove subiscono anche l’indifferenza dei loro stessi figli e quasi sempre muoiono senza una carezza.  Possiamo dire che, quello che succede tutti i giorni in ogni parte del mondo, cattura la nostra attenzione soltanto se a rivelarcelo è la cronaca.

Eppure le notizie ce le racconta la vita, mentre trascorriamo le nostre giornate senza vedere e sentire. I malati emarginati, i drogati senza conforto, le vittime di bullismo, le donne picchiate e umiliate, emergono nella nostra coscienza solo se a sottolineare la loro esistenza sono i traumi o la morte. Tutto questo è universale? Sono universali gli omosessuali in cerca di dialogo? Un  bravo sacerdote tacciato per pedofilo solo perché altri lo sono stati? Sono universali gli stereotipi che divorano la nostra mente e il nostro cuore impedendoci di guardare cose e persone per quello che sono? E i legami buttati al vento per denaro o per sentimenti come l’invidia, la gelosia, la brama di potere? Cosa non è universale in questa macchina di azioni e proiezioni, dove ognuno pensa di essere l’unico agnello in mezzo ai lupi? Universale è perfino leggere queste cose e dire: “è vero, mi ritrovo in ogni riga”, senza sentirsi in colpa per almeno il più piccolo degli errori umani. E questa sì che è una notizia.

Eleonora Giovannini

 

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