La magia dei simboli

La realtà che ricalcano i romanzi, specie quelli a narrazione simbolica, è incisiva, sarà l’effetto magico della narrativa, sarà la suggestione intramontabile del senso delle cose e del suo strascico di sentimenti, sensazioni, emozioni, che trascina con sé, ma rispetto ad un freddo articolo di cronaca e all’immediatezza della saggistica, bisogna ammettere che il racconto, la favola, quel susseguirsi metaforico di frasi e descrizioni, talvolta minuziosissime, determinano un innesto profondo e perfino immortale di una situazione non soltanto storica, ma soprattutto antropologica, sociale, esistenziale.

Tra questi generi di espressione non trascuriamo la poesia, anch’essa regina del simbolismo dell’esistenza e della sua universalità. La poesia, quel mondo apparentemente lontano e astratto, fatto di parole che si accostano ad altro oltre se stesse, che pur essendo linguaggio, lo negano, per divenire altro, superando così la loro stessa prigionia per poter in questo modo dipingere, suonare, colmare i muti, i sordi, i ciechi, in una forma estemporanea ed illogica, che è l’arte.

Proviamo ad immaginare l’insetto angosciato ed angosciante di Kafka,  ciondolante sul proprio dorso, col mondo sopra destabilizzante e una stanza troppo stretta per la libertà, troppo ampia per raggiungere un equilibrio interiore. Immaginiamo l’ostinazione del Barone rampante di Italo Calvino, che non scenderà più dagli alberi, perché in quella stessa scelta c’è una profonda abnegazione dell’io cosciente. Immaginiamo il giovane Siddharta , che viaggia tra tutto e nulla, scoprendone la fusione. Non dimentichiamo la letteratura fantasy, dove tutto è simbolo del bene e del male. Abbiamo bisogno dell’arte per concettualizzare il caos, la sofferenza, la passione, la ricerca. Tutto raggiunge vette incontaminate dal finito, dalla brutalità del fatto in sé che fuoriesce dall’umano, schiacciandolo senza che egli ne possa fare uso.  In questo senso l’arte è il destino dell’anti morte, perché raggiunge la dimensione ultraterrena, dove abitano la mente suprema, la coscienza, la conoscenza, come nell’anamnesi di Platone e nella metampsy per i greci, quel flusso di migrazione tra morte e vita, dove niente è perduto.

Il simbolo è così la bussola di un universo in movimento in cui l’uomo ha bisogno di ritrovare se stesso per riuscire a navigare nel cosmo misterioso della propria esistenza. Quell’esistenza che il mondo materiale sembra trasformare, indebolendo la memoria divina presente nell’uomo, un uomo non casualmente attratto dall’arte e dal suo intramontabile soffio oscuro, che non si lascia trovare del tutto, come i fiori di maggio, che attraversano i sensi senza che nessuno sappia capirne la direzione.  Simbolo, vita, ciclicità, sono gli elementi che fanno necessariamente esistere l’arte e la cultura,  simultaneamente    causa e risultato di tutto quello che tentiamo di definire da sempre.  E  dell’ignoto che si affaccia discretamente soltanto ai nostri sogni.

Eleonora Giovannini

 

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