La grotta di Chauvet, immagini di un’Europa diversa

Nella Francia meridionale, presso la gola fluviale scavata dal fiume Ardeche, si apre la Grotta Chauvet. La cavità prende nome dal suo scopritore e si presenta come una vasta e articolata caverna.

La sua importanza è dovuta, oltre che alla ricchezza di concrezioni naturali, alle antichissime pitture rupestri che ne rivestono ampiamente le pareti. In una serie di toni caldi che vanno dall’arancio brillante, al rosso, al marrone intenso, derivanti dall’evidente uso di terre per pigmentare gli impasti di colore, sono state tracciate testimonianze della fauna europea del paleolitico. In un tratto ingenuo, ma quanto mai espressivo ed efficace nella resa grafica, a sorpresa, troviamo testimonianza di una nature diversa da quella attuale: ai cavalli e agli orsi, infatti, si aggiungono bisonti, rinoceronti e leoni, testimonianze remote di un’Europa selvaggia che oggi non esiste più.

La capacità, nel processo di riproduzione degli animali, di cogliere le linee è gli elementi più essenziali e caratteristici delle forme è eccezionale, così come l’efficace dinamismo che questi trasmettono.

Le pitture rupestri, insieme al resto del repertorio artistico caratteristico dell’epoca preistorica (veneri, graffiti ecc.), hanno avuto un fine prettamente magico propiziatorio, volto a sostenere lo sforzo delle persone per la propria sopravvivenza, favorendo la caccia e la prosperità, in un’epoca in cui la suggestione dell’uomo di fronte alla natura era ancora fortissima.

Le immagini di Chauvet acquisiscono, dunque, rilevanza fondamentale su più livelli. Oltre che un valore artistico, infatti, si riconosce in esse un’importante testimonianza a livello archeologico, antropologico e paleozoologico, come unica forma di documentazione grafica, insieme alle altre grotte dipinte o graffite, di un Europa diversa che non avremmo potuto conoscere altrimenti.

Glenda Oddi

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