Ci sono molti modi di inventarsi personaggi e situazioni per calare in tavola le carte di un buon giallo/thriller. Da una parte (preferita da molti) c’è la possibilità di mettere nero su bianco una storia che segua più o meno le regole del gioco e stabilisca uno stile, una forma da seguire scrupolosamente per creare una qualche affinità con chi apre il libro e comincia a leggerlo.
Dall’altra (ambita da pochi, generalmente i più abili e con in cantiere davvero qualcosa da dire) c’è la decisione di partire da queste basi ma evolvere ogni scelta discorsiva in funzione di un senso altro, che sia in grado di fuoriuscire dalla pagina per coinvolgere la quotidianità e scuoterla da dentro, costringendo, in un modo o nell’altro, a fare i conti con certi aspetti reconditi del vivere sia collettivo che individuale.
Con molta probabilità, Adriano Di Gregorio appartiene a questa seconda categoria di autori letterari. Meglio ancora, fa apertamente uso delle sue indiscutibili conoscenze storiche (da professionista del settore quale è) per cesellare al meglio una realtà oggettiva da mettere al servizio di una moltiplicazione di trame, sottotrame e sfumature psicologico-concettuali in funzione della creazione di un universo che non è mai solo finzione ma si fa reale, tangibile, verificabile. È quanto emerge, a grandi linee, dal suo nuovo romanzo La festa di matrimonio (Algra Editore) che è, certo, una nuova indagine del commissario Damiano Battaglia e del fiduciario ispettore Concetto Spanò (già protagonisti di passate esperienze narrative a firma Di Gregorio), ma al contempo arriva ad assumere un ruolo unificatore per situazioni presenti – altrimenti inspiegabili – e accadimenti passati che, amalgamandosi in una spaventosa complementarietà, arrivano quasi ad annullare il concetto di tempo cronologico in favore della sua declinazione prettamente interiore.
Che legame potranno mai avere, allora, delle vecchie lettere d’amore con un quaderno pieno di appunti sulla sezione aurea? E quale affinità si annida tra le vicende di due amanti al tempo della DDR (lui fuggitivo dalla Berlino Est di pochissimo precedente alla costruzione del muro, lei manifestante tra i militanti delle rivolte operaie italiane) e la tumefatta cornice di una sicilia ancora omertosa e intrisa di violenza, ricatti, meschinità e menzogne? La risposta, probabilmente, sta nell’immagine che questo splendido puzzle storico-politico-concettuale regala alla vista complessiva di chi davvero vuole vedere oltre le apparenze, aprendo l’anima a un’ipotesi di conoscenza esistenziale che non si basa mai solo sul qui e ora.