Qualcuno di voi si è mai chiesto come è nato il ragù?
Da bolognese, provetta cuoca e amante della cucina, me lo sono chiesta, e ho appreso che sulla sua origine si raccontano numerose leggende.
Ormai è scontato che gli “spaghetti alla bolognese” sono uno dei primi piatti italiani più conosciuti al mondo, lo ritroviamo infatti compreso in numerosi menù internazionali, anche se l’abbinamento spaghetti al ragù fa rabbrividire ogni vero Emiliano. A Bologna con il ragù tassativamente si condiscono solo le tagliatelle, e le lasagne, pena la scomunica. Va ricordato che ogni famiglia che si rispetti possiede la propria ricetta.
Chiariamo che cosa è il Ragù alla bolognese? E’ una condimento a base di carne che solitamente accompagna piatti di pasta o polenta. Il termine deriva dal francese “ragôuter” che si può tradurre in “risvegliare l’appetito”.
Comincio a narrarne la storia. Alcuni fanno risalire la prima preparazione del Ragù ai tempi degli antichi Romani, di fatto non era altro che uno spezzatino. Altri raccontano che I Galli, al tempo delle invasioni barbariche, rivisitarono la ricetta romana ricavandone una salsa da spalmare sui crostini.
Fatto certo, il “ragoût”, nel Basso Medioevo in Francia, era il piatto per eccellenza della tradizione, cucinato da tutte le classi sociali, consisteva in uno stufato di carne e verdure cotto a fiamma bassa per lungo tempo.
In Italia solo dopo il 1300 si comincia a parlare di questo piatto, a seguito di due importanti eventi: la Cattività Avignonese e l’arrivo degli Angioini a Napoli.
La preparazione del “ragoût” si diffuse così sul territorio, prendendo due differenti strade: quella napoletana con la corte angioina poi borbonica, e quella del Vaticano, pur non essendo ancora considerato ancora un condimento.
Sul “ragoût” ci provengono informazioni da diverse opere d’arte, il Botticelli lo ritrasse, in due pannelli su quattro, nel “Nastagio degli Onesti” opera che illustra episodi della novella scritta da Boccaccio nel “Decamerone”. Il “Banchetto nel bosco” è conservato al Museo del Prado di Madrid, e le “Nozze di Nastagio degli Onesti”, si trova oggi al Palazzo Pucci di Firenze.
Alcune fonti attribuiscono al cuoco di Luigi XIV, bolognese, la brillante idea di aver macinato questo spezzatino ed averlo utilizzato per condire la pasta, nell’epoca in cui i reali determinavano le tendenze nella moda, nei costumi e anche nell’arte gastronomica.
Altre fonti citano invece a fine Settecento, Aberto Alvisi di Imola al servizio di vescovi e cardinali, come cuoco con il primato di aver cucinato un ragù simile a quello che conosciamo oggi (con lardo ben fuso, burro, cipolla, carne di vitello o lombo di maiale) servito su un piatto di maccheroni.
Ma nel 1773 altre fonti, descrivono una variante napoletana dello stufato francese, attribuendo a Vincenzo Corrado, la prima ricetta del “ragoût” come un condimento.
Ancora pochi anni dopo Francesco Leonardi, autore de “L’apicio moderno”, descrive la prima ricetta dei “Maccheroni alla Napolitana”. Maccheroni che dopo la cottura, venivano fatti riposare sopra la cenere calda prima di essere serviti, conditi con pepe, parmigiano, e sugo di vitello. Solo nella seconda versione del ricettario, Leonardi inserì una nota importante, consigliando di aggiungere il sugo di pomodoro alla carne stufata. Un piatto per pochi eletti, tant’è che Puccini lo citò nella celebre opera la “Bohème”.
Negli anni successivi, in tutta la penisola si diffusero diverse versioni del ragù, con parecchie varianti locali sia negli ingredienti del sugo, sia nella pasta.
A Bologna si sviluppò la versione con i maccheroni alla bolognese, senza pomodoro ma con carne di vitello, pancetta di maiale.
Nel 1891 venne pubblicato dal celebre Pellegrino Artusi il libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene“, che comprendeva la prima ricetta dei maccheroni alla bolognese. Nel testo, l’autore, per arricchire questo condimento suggerì l’aggiunta di alcuni ingredienti: tartufo, fegatini di pollo, funghi secchi, la panna ed il latte. Questi due ultimi elementi crearono molti dubbi in seguito ai cuochi bolognesi. Oltre alla preparazione, Artusi si pose la domanda se questo condimento non fosse stato più gustoso servito con le tagliatelle o con le lasagne “alla bolognese”.
La trasformazione definitiva del ragù alla bolognese, avvenne a ridosso della prima guerra mondiale: i maccheroni erano più difficili da trovarsi, vista la crisi e i bolognesi li sostituirono con le tagliatelle all’uovo fatte in casa. Nel secondo dopoguerra, la ricetta di questo sugo, subì l’ultima definitiva variante, l’inserimento della carne di manzo.
Aldilà delle leggende, che riguardano questo condimento, una curiosità storicamente documentata è legata al suo nome, nel trentennio fascista, sulla scia di un nazionalismo imperante, il suo nome fu italianizzato in “ragutto”. Fortunatamente questo nome non ha avuto seguito.
Il cammino che ha portato al deposito di un documento ufficiale del ragù bolognese con tanto di ricetta originale, è stato quanto mai faticoso: trattative estenuanti, liti, valutazione di piatti alle sagre, nelle case, nei ristoranti, la consultazione segreta di anziane sfogline, faide.
Tutto questo per giungere nell’ottobre del 1982, alla parola fine, la ricetta, trascritta nero su bianco è stata depositata, da un’assise di studiosi, presso un notaio alla Camera di Commercio di Bologna.
RAGU’ ALLA BOLOGNESE RICETTA ORIGINALE DEPOSITATA
ingredienti (per 4 persone)
- 300 g di polpa di manzo (cartella o pancia o fesone di spalla o fusello) macinata grossa
- 150 g di pancetta di maiale
- 50 g di carota gialla
- 50 g di costa di sedano
- 50 g di cipolla
- 300 g di passata di pomodoro o pelati
- ½ bicchiere di vino rosso
- 1 bicchiere di latte intero, poco brodo olio d’oliva o burro
- sale e pepe
- ½ bicchiere di panna liquida da montare (facoltativa)
Preparazione
Sciogliere, in un tegame di terracotta o di alluminio spesso, di circa venti centimetri di diametro, la pancetta tagliata prima a dadini e poi tritata fine con la mezzaluna. Unire tre cucchiai d’olio o cinquanta grammi di burro e gli odori tritati fini e far appassire dolcemente.
Unire la carne macinata e mescolare bene con un mestolo facendola rosolare finché non “sfrigola”.
Bagnare con il vino e mescolare delicatamente sino a quando non sarà completamente evaporato.
Unire la passata o i pelati, coprire e far sobbollire lentamente per circa due ore aggiungendo, quando occorre, del brodo; verso la fine unire il latte per smorzare l’acidità del pomodoro. Aggiustare di sale e di pepe.
Quando il ragù è pronto, secondo l’uso bolognese, si usa aggiungere la panna se si tratta di condire paste secche. Per le tagliatelle il suo uso è da escludere.
Marisa Paola Fontana