La buona terra

Coltivazione biologica, inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, sviluppo, promozione sociale e recupero dei beni confiscati alla camorra.

Gli elementi ci sono tutti e forse anche più di quanto si possa immaginare. Il sogno è di un gruppo di giovani di Castelvolturno in provincia di Caserta. Uno dei tanti paesi di frontiera della Campania, tristemente noto alla cronaca giudiziaria per un lungo elenco di problemi facilmente sciorinabili percorrendo vie, osservando angoli ed incrociando gente.  Questioni irrisolte che il tempo ha incancrenito, senza però arrestare il desiderio di riscatto. Il progetto è ‘La Buona Terra’. L’obiettivo è l’agricoltura sana e sostenibile passando per la lotta al caporalato, uomini e donne sfruttate senza possibilità di futuro e per la lotta alla criminalità organizzata. Parte dei terreni coltivati sono, infatti, su un bene confiscato al camorrista del clan dei Casalesi Michele Zagaria, oggi ergastolano.

Il motore sono la fiducia e l’accoglienza. ‘La Buona Terra’ conta quattro partner, un protocollo di intesa e commesse già ottenute prima ancora di avere il prodotto. Il progetto è sostenuto dalle aziende agricole Fattoria Daina, L’Orto Conviviale e Altro Modo Flegreo che negli anni ha condotto numerose iniziative. Dal progetto MigrARTI a favore dell’inclusione sociale con migranti in ambito artistico e culturale a Cumpanatico Sud, filiera etica e partecipata del Cibo. Il Distretto di Economia Solidale della Brianza (DESBri), attivo da oltre dieci anni sul territorio brianzolo con progetti di economia solidale, ha puntato sull’idea pagando già il 40% della produzione. Altrettanto è accaduto per gli altri prodotti: il grano che sarà ricavato dalla coltivazione di due ettari di terreno è stato già venduto e accordi per la distribuzione di broccoli e torzella, un cavolo con una storia vecchia più di 4 mila anni, sono già su carta. La rete di distribuzione, forte del carattere agroecologico (senza additivi chimici) è arrivata fino in Piemonte.

Il prossimo passo punta ad ottenere la certificazione bio. Tutto è partito un anno fa, nel 2017, quando l’associazione di promozione sociale Effetto Larsen, nata nel 2015, decise di chiedere l’affidamento di alcuni terreni confiscati per coltivarli e far nascere una cooperativa sociale in grado di dare un lavoro a persone diversamente abili. A maggio 2018, le attività sono state avviate con la produzione di pomodori. Negli ultimi anni il mercato del pomodoro ha raggiunto livelli di dignità umana non ammissibili e questo ci ha spinto ad entrare a farne parte in modo giusto ed etico, preservando la salute dei lavoratori e dando una valida alternativa al consumatore critico. A maggio, pensavamo di non riuscire a distribuire nemmeno la quantità coltivata ed invece abbiamo avuto una richiesta mille volte superiore alla nostra capacità produttiva», ha spiegato Alessandro Buffardi, presidente della Larsen.

Tina Cioffo

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