Juana Romani: da modella a pittrice

Da modella a pittrice. Da pitttrice a reclusa in manicomio. Il termine manicomio ricalca al meglio le condizioni di sofferenza cui molte donne sono state poste, quando ribelli, quando intelligenti, quando portatrici di talento in epoche in cui la donna era relegata all’interno di un ruolo statico.

Così, come successe a Camille Clouden alla quale la Romani viene oggi paragonata, grandi artiste sono state gettate nel triste oblio. In questo modo, Juana Romani ( Nata a Velletri nel  1867) è stata per oltre un secolo dimenticata, insieme ai suoi dipinti dall’originalità indiscussa, ispirati alla cultura del seicento fiammingo e italiano.

Autoritratti fortemente femministi e dipinti rivolti a donne celebri del mondo culturale ed artistico, come “Angelica”, dall’ “Orlando Furioso”, ma anche donne in ambito biblico, la “Salomè” o note per vicende storiche  quali “Bianca Cappello”.

Juana Romani utilizza queste figure femminili e in un certo senso le fonde in se stessa, attraverso la rappresentazione della propria immagine; ne escono in questo modo autoritratti distinti e dalla personalità mutevole.

Un altro esempio artistico e umano di Donna che difende l’espressione del sentimento e del pensiero, pagando tale scelta con l’isolamento. A seguito di disturbi psichiatrici, nel 1906 viene infatti internata a Ivry-sur-Seine, in una clinica  vicino Parigi e abbandonata da tutti. Nel 1923 muore, ma non le sue opere, rivalutate dopo un secolo e ora esposte in tutto il mondo.

Nata a Velletri con il nome di Carolina Carlesimo, si trasferisce a Parigi con la famiglia ancora bambina, luogo in cui matura la sua scelta di dipingere, dopo una promettente carriera come modella. Una donna che scavalca tutti i principi legati ad un’idea di donna oggetto e che approda ad una terra più difficile da abitare.

Il suo destino la induce inesorabilmente a sofferenze senza nome, soffocata tra le mura di una clinica psichiatrica, ma inevitabilmente riemersa nei colori  della sua arte tanto ribelle quanto rivelatrice del coraggio di vivere, in un primo momento soltanto fino alla morte, in seguito fino all’immortalità.

Eleonora Giovannini

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