Indianapolis, 500 miglia di mito

Il 26 maggio 1911 si svolse la prima edizione di una gara automobilistica che sarebbe diventata un simbolo del motorsport: la 500 Miglia di Indianapolis. L’impianto dell’Indianapolis Motor Speedway, nella città di Speedway, in Indiana, era stato inaugurato due anni prima e aveva ospitato diverse gare motoristiche di auto e moto e addirittura di mongolfiere. Ma i gestori volevano organizzare qualcosa di più importante, un appuntamento che sarebbe dovuto diventare un punto di riferimento per questo sport. Decisero così di creare una gara automobilistica di lunga durata: la 500 Miglia, una maratona di duecento giri. La prima edizione della corsa vide 40 concorrenti qualificati alla partenza, sui 46 iscritti. Sull’ovale di Speedway la spuntò lo statunitense Ray Harroun alla guida di una Marmon-Wasp.
La nuova gara fu subito un successo, tanto da spingere importanti case europee come Fiat, Mercedes e Peugeot a parteciparvi e in alcuni casi a vincere. Tra il 1950 e il 1960 fu anche tappa del Mondiale di Formula1 ma il connubio tra quel mondo e le gare su ovali non funzionò. Infatti Indianapolis significa Formula Indycar, una tipologia di gare che va per la maggiore negli Stati Uniti, nata proprio sulla scia del successo di Indianapolis. La maggior parte delle gare del campionato infatti si svolgono su circuiti ovali con monoposto simili esteticamente alle Formula1, ma molto diverse a livello tecnico. La gara di Indianapolis è conosciuta anche per alcune sue particolarità: la Brickyard, ovvero la linea di partenza con le caratteristiche mattonelle del vecchio circuito e il brindisi del vincitore con la tipica bottiglia di latte.
A Indianapolis c’è stata gloria anche per le donne, nonostante la corsa fosse loro vietata fino al 1971. Da quel momento sono state 8 le donne in gara di cui una, Danica Patrick, ha ottenuto il podio nel 2009 con uno storico terzo posto. L’ultima edizione del 2019 ha visto il successo del francese Simon Pagenaud mentre nessun italiano è ancora riuscito a vincere la gara.

Daniele Capello

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