Una Roma nascosta: Il tempio di Fortuna Respicente

La nostra capitale attrae ogni anno milioni di turisti da ogni dove, per i suoi monumenti e per la sua storia. L’Impero Romano è sempre stato idealizzato in tutto il mondo come un popolo invincibile, pilastro dell’evoluzione umana stessa. Opere d’arte e di architettura come il Colosseo, la Via Appia antica, I fori imperiali, riecheggiano nella nostra mente come eco familiare. Ma forse non tutti sanno che la maggior parte di ciò che conosciamo e apprezziamo dell’arte romana è circoscritta a dei periodi specifici, quelli di maggiore sviluppo artistico cioè i più tardivi, che vanno da Augusto a Caracalla. Ma vi siete mai chiesti cosa ci fosse prima? Quali sono le origini del maestoso impero che conquistò il mondo conosciuto? E soprattutto, quali furono i primi monumenti, le prime opere d’arte? Oggi parleremo delle origini di un grande popolo e di uno dei più antichi ritrovamenti archeologici romani: il tempio di Fortuna Respicens

Le vere origini di Roma:
Nel Lazio era abitato dalla popolazione etrusca, presente anche in Emilia e Toscana e organizzata principalmente in agglomerati lungo la costa di Mar Tirreno. Assieme a loro, nel Lazio, anche il popolo dei Sabini. Zona estremamente importante per gli Etruschi era quella del Tevere, ricca di insediamenti: ed è proprio sull’isola Tiberina che troviamo i primi insediamenti che vediamo irradiarsi in quella che poi diventerà la Roma che conosciamo tutti. Questo insediamento inizialmente aveva scopo connettivo tra il mare e i colli per il trasporto di beni. E proprio in uno di questi colli, il Palatino, sono stati trovati dei resti di un’area sacra.

Il tempio di Fortuna respicens:
Edificato sotto Servio Tullio, il sesto Re di Roma, 578- 535 a. c. (in Grecia siamo in pieno Arcaico), il tempio era esastilo, con quindi sei colonne sul fronte e quattro più due nei lati; innalzato sopra un podio, svettava dalle alture del Palatino. Era arricchito inoltre da capitelli corinzi di grande impatto visivo e decorato con rilievi e pitture in oro e azzurro. Tutto attorno, al di fuori, balaustre e fontane in marmo. Davanti al tempio, come da tradizione, un altare per le offerte alla divinità.

Cosa è arrivato fino a noi?
Sfortunatamente il tempo e la storia non sono stati clementi con noi contemporanei, restituendoci poco di quello che, secondo le ricostruzioni, sarebbe stata una vera perla della Roma antica. Sul colle Palatino possiamo trovare tutt’oggi tracce di sepolture, a testimonianza della sacralità del posto. I veri reperti del sito santuariale, però, sono i frammenti del frontone ritrovati nella vallata tra Celio Palatino che sono riusciti a conservarsi sotto i detriti dell’incendio di Nerone del 64 a. c.

La scena rappresentava un sacrificio di sei animali attuato da Marte ed altre due Dee, seguiti da una corte di servitori. La scena era completamente policroma e a sfondo nero. Un’altra raffigurazione era la lotta di Eracle con un mostro marino, per liberare la figlia del Re di Troia, Esione.

Per una suggestiva ricostruzione dell’opera d’arte, anche nelle sue policromie originarie, basterà visitare la Sala del Frontone dl Museo Capitolino

Elena Caravias

Foto: romanoimpero.com

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