Il rewilding necessario del nostro pianeta

Non si può fare a meno di essere fortemente indignati dal fatto che il dominio dell’uomo sulla natura abbia provocato una preoccupante destabilizzazione del pianeta, cercando di giustificarne, tra l’altro, anche la necessità, con sterili motivazioni.
La terra nella quale siamo ospiti, come qualsiasi altro essere vivente, non è quella che sarebbe dovuta essere per vivere un’esistenza migliore. Il nostro egocentrismo ha creduto, a torto, di dover sottomettere o sacrificare qualunque cosa pur di incoronare l’uomo al centro dell’universo. La vera religione dell’uomo è l’antropocentrismo.
Ma quali corde del cervello, scollegato dal cuore, sono state smosse per arrivare ad una simile arroganza?
Una delle risposte più esaudienti potrebbe condurci al poeta latino Lucrezio (I secolo a.C.), il quale nel De rerum natura riflette sul fatto che l’uomo  per liberarsi delle sue paure, deve stabilire la storia, conoscere la natura della sua anima e i fenomeni naturali: solo dominando tutto ciò può affermare il suo potere per proprio uso e consumo.
In effetti questo è quello che è successo, però con pessimi risultati avendo l’uomo alterato, sciaguratamente, l’ecosistema: molte varietà della vegetazione sono state annientate, molte specie di animali, in tutto il mondo, sono scomparse, poi sono ricomparse e poi ritenute definitivamente estinte. Un numero ancora imprecisato di animali sono stati ridotti a piccole quantità. Ma questo è solo una parte dei disastri di cui oggi stiamo pagando le conseguenze.

È sufficiente leggere qualche serio libro o guardare qualche inattaccabile video per rendersene conto. Oggi identifichiamo il leone o l’elefante che vivono in Africa; l’orso nel nord America, il lupo nel centro Europa, la tigre nella Malesia, il canguro in Australia.
Migliaia di anni fa non era così. Gli animali sono stati spinti dalle aree dove vivevano adattandosi a nuovi habitat. Ma neanche così all’uomo gli è stato bene.
La bellezza di ristabilire la diversità trofica del nostro ecosistema passa attraverso la reintroduzione di tanti animali cacciati dai loro ambienti, non ultimi il lupo, il cinghiale o la lince.
Sino a circa 4 mila anni fa l’Elephas antiquus e il Mammut vivevano allo stato brado in quasi tutta l’Europa Centro Nord; alcuni milioni di specie di rinoceronti, l’Elasmotherium sibiricum e l’Elasmotherium caucasicum si trovavano nelle steppe della Russia. Cervi giganti, uri, leoni, omotteri, iene maculate e ippopotami, sino a 11 mila anni fa vagavano ovunque sulla terra. In Inghilterra gli scavi effettuati per costruire la Trafalgar Square, portarono alla luce ossa di alcuni di questi esemplari.
Le grandi foreste pluviali che pure erano presenti nel nord del pianeta sono estinte e con loro anche tante specie di uccelli sebbene qualche traccia ne testimonia l’esistenza.
A Ricadi, un comune della provincia di Vibo Valentia, nel 1995 fa è stata scoperta una varietà di felce assai rara, la Woodwardia Radicans risante all’era cenozoica, questo per dire che la natura  può avere la forza di rigenerarsi. Ma è necessario un rewilding per l’introduzione, almeno parziale di pesce animali e varietà di vegetazione scomparse.  Associazioni ambientaliste di grande spessore come il WWF, il Rewilding Europe, la Pan Parks Foundation, la Wild Europe ci stanno provando, a dire il vero con lenti ma utili risultatati. E tali rimarranno sino a quando i governi con cesseranno di sostenere monetariamente associazioni ecocide ed animalicide. Pensate che, per quest’ultime, lo Stato italiano ha elargito dal 2016 al 2018 tramite il Ministero delle Politiche Agricole e senza obbligo di rendicontazione alla Corte dei Conti, le seguenti somme: Federazione Italiana Caccia € 1.858.056,10; Arcicaccia € 277.281,34; Ente Produttori Selvaggina € 23.578,00, Unione Nazionale EnalCaccia Pesca e Tiro € 392,620,35; A.N.U.U. Migratoristi € 145.819,32; Associazione Nazionale Libera caccia € 511.680,97; Italcaccia € 87.061,92.

Bruno Cimino

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