Il primo trapianto di trachea

Il trapianto di trachea, operazione estremamente complessa a lungo reputata impossibile, è stato finalmente raggiunto con successo.

La paziente aveva subito danni estesi alla trachea, quando l’intubazione orotracheale le aveva salvato la vita da un grave attacco d’asma, pur residuando lesioni dell’organo, che diverse operazioni chirurgiche non erano riuscite a correggere. Da allora, la donna respirava attraverso una stomia (un foro praticato nel collo per l’ingresso e fuoriuscita di ossigeno).

La trachea è un condotto lungo 12 cm, costituito da una serie di anelli di cartilagine in successione, e mette in comunicazione la laringe sovrastante al bronco sottostante. Questa struttura, elastica e al contempo rigida e beante, resiste alla pressione dei polmoni che la circondano senza collabire (schiacciarsi), permettendo così il transito dell’aria dall’esterno ai polmoni e viceversa. Inoltre questo passaggio d’aria, combinato alla apertura o chiusura delle corde vocali della laringe, facendo vibrare tali strutture, produce l’emissione del suono, e quindi della voce.

Ciò che in passato ostacolava la buona riuscita dell’intervento era mantenere l’organo irrorato dalla complessa struttura di vasi sanguigni che lo connette al sistema vascolare. L’ostacolo è stato oggi superato trapiantando la trachea con le strutture vascolari che la perfondevano, quindi insieme ai grossi vasi.

La riuscita del trapianto anche a lungo termine getta le basi per la cura di tutte le lesioni della trachea, siano esse difetti congeniti, tumori o causate da lunghe intubazioni in terapia intensiva, come per i sopravvissuti a forme gravi di CoViD-19, a lungo rimasti ventilati in maniera invasiva.

Un passo in più verso la cura radicale di deficit altrimenti insormontabili.

Marino Ceci

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