Il primo studio genomico sulla schizofrenia nelle popolazioni africane

I ricercatori che studiano le basi biologiche della malattia mentale hanno condotto la prima analisi genomica della schizofrenia in una popolazione africana e hanno identificato molteplici mutazioni rare che si verificano più frequentemente nelle persone con questa condizione.
Lo studio ha evidenziato che le mutazioni sono principalmente nei geni che sono importanti per lo sviluppo del cervello e delle sinapsi, minuscole strutture che coordinano la comunicazione tra i neuroni. I geni corrispondono a quelli identificati in altri studi simili sulla stessa malattia, ma quasi tutte le ricerche precedenti sono state condotte su popolazioni europee o asiatiche. L’ultimo lavoro è stato pubblicato su Science il 31 gennaio scorso.
Questa ricerca è particolarmente importante perché l’Africa ha rappresentato un grande divario nelle popolazioni che i genetisti hanno studiato, afferma il genetista psichiatrico Andreas Meyer-Lindenberg, direttore dell’Istituto Centrale di Salute Mentale di Mannheim, in Germania. Dice che il lavoro fornirebbe supporto alle attuali ipotesi sulle origini biologiche della schizofrenia, che possono causare una serie di sintomi tra cui allucinazioni, delusioni e pensiero disordinato. I ricercatori ritengono che ogni mutazione possa contribuire in piccola parte a ridurre il rischio complessivo di sviluppare la condizione e che l’interruzione delle sinapsi potrebbe essere cruciale per bloccare lo sviluppo della malattia.
Nell’ultimo decennio i genetisti sono diventati sempre più colpiti dal fallimento nel campionare diverse popolazioni, trascurando spesso gli africani. Circa l’80% dei partecipanti agli studi genetici è di origine europea e meno del 3% di origine africana.
Ciò richiede urgentemente maggiore attenzione”, afferma Ambroise Wonkman, un genetista presso l’Università di Cape Town, in Sudafrica, che è anche presidente della African Society of Human Genetics.
Questo pregiudizio significa che i test diagnostici e i trattamenti medici sviluppati sulla base di questi studi ristretti potrebbero non funzionare in determinate popolazioni, come già accaduto in passato, dato che esistono molte varianti genetiche che influenzano le malattie.
Gli studi in diverse popolazioni consentono anche ai ricercatori di creare un quadro più completo delle malattie, in particolare gli africani dato che la stragrande maggioranza dell’evoluzione umana ha avuto luogo nel continente africano.
Come accade spesso, pregiudizi e stereotipi anche nella scienza ci rendono miopi e ci privano di avere un quadro esauriente della situazione.

Riccardo Pallotta

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