Un’età di circa 5/6 anni vissuto ben 600 mila anni fa all’interno del sito archeologico de “La Pineta” di Isernia in quella che oggi viene considerata dagli studiosi come una delle comunità più antiche, se non la più antica d’Europa, vale a dire il cosiddetto Homo Aeserniensis. E’ questo l’identikit del bambino proprietario del dente da latte, un incisivo superiore, che è stato ritrovato circa due mesi fa dall’equipe formata da archeologi e studiosi dell’Università di Ferrara e della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise.
Dopo un’attenta analisi e dopo i primi studi condotti sul reperto la notizia è stata lanciata sulla stampa locale e nazionale da Carlo Peretto, direttore scientifico dello scavo nonchè professore ordinario del Dipartimento di studi umanistici di Unife, tuttora titolare della concessione di scavo rilasciata dal Ministero dei beni e le attività culturali e del turismo. Si è atteso quasi due mesi per rendere pubblica questa scoperta data la valenza eccezionale della stessa. Il dente, infatti, ad oggi può considerarsi a tutti gli effetti il reperto umano più antico d’Italia e tra i più antichi d’Europa. A parte la mandibola umana rinvenuta a Mauer in Germania con una attribuzione cronologica di circa 600 mila anni fa, in Italia non sono mai stati trovati resti umani riferibili all’Homo heidelbergensis, antenato dell’Homo di Neanderthal, che in Europa scompare a partire da 40mila anni da oggi, lasciando poi spazio all’Homo Sapiens. C’è poi da sottolineare che fino ad oggi dal paleo suolo isernino, la cui scoperta risale a oltre 30 anni fa, erano emerse tracce del passaggio dell’uomo, ma non erano mai stati trovati resti umani. Le prime analisi effettuate sul dente hanno permesso di appurare che lo stesso non è caduto naturalmente perché possiede ancora la sua radice completa non riassorbita. Tutto questo dimostra, secondo il professor Peretto, che il bimbo era morto e il dente si è staccato in epoche successive. Allo stesso modo stabilire il sesso dell’infante sarà alquanto difficile se non impossibile. Troppo piccolo, infatti, è il reperto, circa 7 millimetri di lunghezza, per effettuare prelievi di Dna. Dalla prima analisi del dente sono emersi comunque altri dettagli sulla vita del bambino e sulla sua alimentazione. Data l’evidente usura dell’incisivo si può ipotizzare un’alimentazione basata su cibi molto duri. Allo stato attuale, però, è prematuro porre in essere qualsiasi ipotesi sia sulla vita del bambino sia sulla sua morte che, forse, solo successivi studi più approfonditi potranno rendere meno oscuri.
Stefano Venditti