Minaccia la biodiversità e devasta l’ambiente
La globalizzazione ha effetti a 360 gradi. Non tocca solo l’economia, la cultura, il lavoro, ma anche il mondo naturale, comprese le piante, e i suoi effetti non sono sempre positivi. Ce lo racconta la vicenda che vede coinvolto il panace di Mantegazza o panace gigante (Heracleum mantegazzianum), una pianta di origine caucasica che sta invadendo il territorio europeo. Il suo nome deriva da Paolo Mantegazza, antropologo italiano, che i botanici Emile Levier e Stephane Sommier vollero omaggiare. Può raggiungere i 5 metri di altezza, i suoi fiori sono di colore chiaro, bianchi o giallastri, e si presentano in infiorescenze ombrelliformi che possono arrivare ad avere anche 50 cm di diametro. Questa pianta è stata importata dalla sua terra d’origine probabilmente per motivi ornamentali alla fine del 1800 e da quel momento ha rappresentato una minaccia per l’equilibrio floristico e non solo del territorio europeo. Ѐ infatti estremamente invasiva, si diffonde con rapidità impedendo la crescita di altre specie vegetali, in più rappresenta un pericolo anche per il mondo animale dato che è capace di produrre una sostanza estremamente tossica che può generare cecità e ustioni fino al terzo grado. La sua superfice è caratterizzata da derivati furocumarinici, un veleno impiegato dalla pianta per proteggersi dai predatori. Quando si viene a contatto con il panace di Mantegazza la sostanza si deposita sulle cellule epiteliali e un processo di fotomutazione si attiva con l’esposizione alla luce solare generando lesioni sull’epidermide. Il controllo della sua diffusione risulta difficile a causa della rapidità di riproduzione e della particolare resistenza che la caratterizzano. Il panace di Mantegazza rappresenta una grande minaccia alla biodiversità, per questo motivo in tutto il territorio europeo è considerata una specie aliena invasiva, una pianta indesiderata, che ha comportato già un forte dispendio di risorse per la sua estirpazione nei paesi più colpiti come Germania, Svizzera e Regno Unito.
Glenda Oddi