La melodia scuote in maniera garbata la nostra vita con una voce che sussurra e racconta
Il nuovo album di Checco Curci è una costante ricerca interiore, stilistica e artistica. ‘Wind day…e in un giorno di vento possono accadere tante cose…’ è il titolo del primo singolo del cantautore e musicista pugliese. La melodia scuote in maniera garbata la nostra vita e le nostre coscienze con una voce che sussurra e racconta. Il sound del compact disc subisce una originale rivisitazione, raffinata e personale, ricordando alcune atmosfere molto care a Franco Battiato. Checco Curci ricorda con una voce in grado di offrire un brivido alle persone coinvolte nel rumore del nostro incedere quotidiano. Possiamo definirlo un grido che scuote e al tempo stesso lenisce. Non mancano i riferimenti alle sue radici, alla sua terra, riflessioni sul nostro tempo. Con Checco Curci vogliamo comprendere il racconto del suo ultimo compact disc.
Quale racconto vuole sottolineare questo album?
«Una premessa: l’album uscirà all’inizio dell’autunno, ma siamo alle limature finali prima del mastering. Nell’attesa, il 10 giugno scorso ho pubblicato il mio primo singolo, Wind day, una canzone dedicata a Taranto accompagnata da un bellissimo video di Antonio Stea girato interamente nella “città dei due mari”. Nell’album non c’è un unico racconto, anche se tutto ruota attorno alle macerie, ai paradossi e ai dilemmi del nostro tempo. Forse Wind day è l’unico brano del disco che affronta un tema così chiaramente e geograficamente definito. Le altre canzoni lasciano più libertà all’ascoltatore di costruirsi il proprio racconto entro un immaginario che però è dato. Né mancano immagini forti a fare da perni espressivi e narrativi, pur lasciando ampie possibilità di collocazione spazio-temporale».
Perché c’è questo specifico sound coinvolgente?
«Se il suono di Wind day è coinvolgente è perché vi ho lavorato insieme a grandi musicisti come Giacomo Carlone che ha prodotto il brano e suonato la batteria e le percussioni; Riccardo Sinigallia, che oltre a curare la supervisione artistica ha missato il brano insieme a Giacomo; Leo Steeds e Piero D’Aprile che hanno prodotto ed eseguito il nucleo sonoro di partenza. Piero e Leo sono stati determinanti anche nella composizione e nell’arrangiamento del brano. Senza dimenticare il master di Daniele Sinigallia. Credo che parte del merito sia anche del testo che non è meno capace di coinvolgere rispetto alla musica. Come sempre le due cose non possono e non devono essere scisse».
Che ruolo gioca la musica nel contesto sociale?
«Per me musica e canzoni parlano innanzitutto alle nostre anime. È lì che producono solchi, tremori, scosse che poi l’intelletto elabora e trasforma in pensieri e in azioni. Ma gli effetti sociali di tutto questo non sono né scontati né prevedibili. Certe composizioni, specialmente se raggiungono determinati livelli di popolarità, possono costruire immaginari influenti, non per forza positivi. Inoltre, quando la musica fa leva sulla memoria collettiva, può migliorare la convivenza tra gli individui, sostenere comportamenti sociali virtuosi e persino tracciare la rotta. Ma bisogna ragionare anche in modo inverso, interrogando la musica e le canzoni per comprendere cosa sta accadendo nella società».
Francesco Fravolini