Shirley Jackson è stata una scrittrice statunitense, nota in modo particolare per i suoi celebri romanzi horror, ma anche, e forse soprattutto, per la dedica che Stephen King le rivolge nell’incipit al suo romanzo, L’Incendiaria: “A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce”.
Il romanzo della Jackson su cui voglio concentrarmi, Abbiamo sempre vissuto nel castello, in lingua originale We have always lived in the castle, viene raccontato dall’autrice, attraverso il personaggio di Mary Katherine, narratrice e protagonista della storia, in toni davvero delicati e ironici.
Mary Katherine, detta anche Merricat, è una ragazza di diciotto anni, che vive reclusa in una grandissima casa isolata da tutto il resto del paese, con la sorella Constance e uno zio invalido, Julian. La cosa interessante è che tutti gli altri membri della famiglia sono morti avvelenati una sera di sei anni prima, seduti proprio nella sala da pranzo nella casa.
I tre sembrano vivere in una sorta di paradiso terrestre, isolati dal resto della civiltà, trascorrono le giornate tra la prelibata cucina di Constance e il giardinaggio. Il loro equilibrio viene, però, turbato dall’arrivo del cugino Charles, un personaggio completamente diverso da loro, irruento e che sembra voler stabilire nuove “regole” all’interno della casa.
Mary Katherine è un personaggio molto particolare: è un’eterna bambina dispettosa e capricciosa ed è il tipico esempio di “narratore inaffidabile”. Durante la lettura, infatti, ci si chiede spesso: “Dovrei stare dalla parte di Merricat, o no?”, domanda a cui, alla fine, daremo una risposta.
Con questo romanzo e con la caratterizzazione dei personaggi Shirley Jackson ci sta dicendo che è il male è dappertutto, nascosto dietro sorrisi, buone maniere, case soleggiate e giardini verdeggianti. Durante la lettura della storia siamo pervasi da una strana sensazione di inquietudine, causata dal susseguirsi di eventi che appaiono quasi assurdi in una normalità sconcertante. Un po’ come accade nei sogni, quando avviene qualcosa di terribile, noi tentiamo di urlare ma non ci riusciamo e tutto continua a scorrere davanti ai nostri occhi inesorabilmente.
Il terrore di cui si parla qui non è causato da eventi particolarmente sconvolgenti ma dalle piccole ossessioni, le stranezze, che si celano all’interno della mente umana.
Un libro che, appunto, ci parla del male, quello che infetta anche le cose apparentemente più luminose e che offre anche uno sguardo triste e spaventato sul mondo che ci circonda.
Letizia Lombardi