Il dolore che fa esistere l’anoressia

Dal greco,  An,  “privo di”óreksis che invece vuol dire “appetito”, nasce il termine anoressia, un problema che affligge soprattutto i giovanissimi, in particolare le donne e che è determinato appunto dalla mancanza di fame. Ce ne accorgiamo soltanto quando iniziamo a riscontrare nella persona che ne è affetta un’eccessiva magrezza e questa tardività complica la possibilità di intervenire in maniera tempestiva e risolutiva.

La curiosità che ne scaturisce da parte di chi osserva,  è pur sempre una forma di attenzione che il protagonista inappetente riceve, ma lo stupore, la preoccupazione e a volte quel sottile ribrezzo, vengono percepiti come un segnale positivo. L’esclamazione “Ma quanto sei magra!” altro non diviene che una conferma dell’obiettivo raggiunto, tanto da fortificare i vari comportamenti del disturbo alimentare, come l’autoinduzione del vomito sia manuale che meccanica (con l’utilizzo di oggetti, come il manico dello spazzolino da denti), vomito che può anche avvenire in maniera naturale, senza alcuna sollecitazione, ma a causa di una restrizione alimentare, con evidenti cambiamenti del funzionamento dell’ organismo, con un livello di  temperatura corporea piuttosto bassa. Anche la pulsazione del cuore rallenta e si mostra inferiore ai sessanta battiti al minuto; talvolta nel torace, nell’addome e nella schiena possono apparire forme di peluria. Si tratta di anoressia nervosa, presente anche nei bambini, che selezionano il cibo o decidono di non mangiare in circostanze di disagio. L’anoressia resta una patologia legata alla reazione ad un forte dolore o ad una condizione di disagio di tipo affettivo. Mai dire ad un anoressico di mangiare, né sottovalutarlo nelle sue decisioni. Gli anoressici sanno mentire per riuscire a portare avanti la propria ossessione di dimagrire o semplicemente per non doversi ritrovare a mangiare per forza. La medicina ha fatto passi da gigante, anche se ancora vi sono molti casi che non si è riusciti a salvare.
In Italia, molte vittime di anoressia/bulimia,  hanno iniziato a far conoscere questo terribile morbo, già alle fine degli anni Novanta, mentre più di tre milioni e mezzo di persone tutt’ora  ne soffre e il novanta per cento dei casi riguarda il sesso femminile.

L’origine  dell’anoressia ha una componente psicologica elevatissima, fa capo a profondi traumi e a problemi relazionali importanti. Coloro che soffrono di disturbi alimentari, anche a seguito della guarigione, possono presentare delle ricadute durante il corso della propria esistenza, perché quello è il loro modo di rispondere al disagio e al dolore estremo. Stati di abbandono, di disamore, possono comportare il manifestarsi di questa subdola malattia. Si muore di anoressia, se non si riesce a intuire e a raggiungere l’epicentro del problema. I colpiti  da anoressia e dall’altra sua faccia, la bulimia, tendono ad isolarsi, a sentirsi inadeguati, nei casi estremi a rifiutare le cure, quando dentro di loro, probabilmente, ha avuto il sopravvento la resa a qualcosa che nessuno, fuori,  è riuscito a trovare. Spesso ci si concentra erroneamente sulla magrezza dell’anoressico piuttosto che  sul dramma che l’ha resa possibile.

Eleonora Giovannini

 

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