Il Coronavirus influenza negativamente il settore immobiliare

Sono i dati contenuti nel Rapporto realizzato da Nomisma, Centro Studi Economici di Bologna, a delineare la preoccupante situazione dell’asset economico

Il settore immobiliare registra una pesante perdita a causa del Coronavirus. Le compravendite sono previste in forte diminuzione influenzando negativamente il comparto economico. L’emergenza sanitaria è percepita dalla popolazione come una preoccupazione per il futuro, diminuendo quella spinta all’acquisto che può generare ricchezza. A delineare questo scenario sono i dati contenuti nel Rapporto realizzato da Nomisma, Centro Studi Economici di Bologna. L’immobiliare favorisce la crescita economica perché interessa diversi asset economici; questa situazione potrebbe coinvolgere altre attività economiche legate all’immobiliare. L’emergenza dovuta al Coronavirus blocca tutte le attività economiche lasciando la preoccupazione nella popolazione. Questa sensazione vissuta dalle persone non favorisce i consumi in senso generale, compreso l’acquisto di una nuova casa.    

«Il settore immobiliare italiano si trova a fronteggiare – si legge nel Rapporto – una situazione inedita e dalle conseguenze potenzialmente drammatiche. A differenza del passato, quando la genesi del tracollo fu di origine finanziaria, in questo caso il ceppo virale ha fin da subito intaccato in maniera plateale e fragorosa l’economia reale. Le misure adottate per il contenimento del COVID-19 hanno inevitabilmente avuto riflessi su produzione, consumi e stili di vita, dando alle preoccupazioni una quantificazione visivamente percepibile con immediatezza. Se gli effetti saranno più contenuti rispetto a quelli scaturiti dagli eccessi speculativi del passato sarà il tempo a dirlo, quello che appare evidente è la possibilità, oggi più che allora, di adottare misure volte ad ostacolare la diffusione del contagio e definire idonee misure per un pronto rilancio».

La crisi economica del 2008
«Se la deflagrazione avvenuta nel 2008 – si legge ancora nel Rapporto –  colse molti impreparati, l’incedere del virus, per quanto rapido, ha comunque lasciato uno spazio di intervento, che se utilizzato in maniera consapevole e uniforme, a livello globale avrebbe sicuramente consentito di limitarne la diffusione. Fallita ancora una volta la prova della coesione in fase di contrasto, non resta che sperare che un sussulto di avvedutezza e lungimiranza consenta la definizione di misure davvero non convenzionali per favorire la ripresa. Si tratta di un’esigenza inderogabile soprattutto per quei Paesi, come il nostro, in cui la recessione era già un dato di fatto, anche se maldestramente tenuto sottotraccia, e il contagio si è diffuso in maniera apparentemente più massiccia e virulenta. L’evocazione di uno scenario fortemente critico risulta l’inevitabile conseguenza di un “fermo di produzione e socialità”, i cui effetti andranno ben oltre il differimento di scelte destinate comunque ad essere compiute. Il nemico più pericoloso per l’economia è quello che ancora non si è manifestato, ossia l’impoverimento che scaturirà come effetto indotto dall’inazione coatta. Una sorta di debolezza diffusa, meno eclatante nelle sue manifestazioni immediate, ma molto più pericolosa in termini cumulati. Ecco allora che le misure da adottare non devono unicamente puntare al parziale ristoro degli ingenti danni subiti, ma privilegiare gli impieghi con maggiore capacità di attivazione economica. Un piano organico che abbia un respiro strategico e non emergenziale, in grado di creare un beneficio diffuso e pervasivo di portata di gran lunga superiore rispetto a quanto scaturirebbe adottando una logica prevalentemente rimborsuale».

Francesco Fravolini

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