Il castello di Fumone «Cum fumo fumat tota campania tremat»

In Italia esistono castelli e fortificazioni che per bellezza, fascino, significato storico e tradizioni leggendarie possono equiparare, e in molti casi anche superare, i meravigliosi castelli irlandesi e francesi. È il caso del castello di Fumone (provincia di Frosinone), avvolto nei suoi mille anni di storia.

Dal 1500 la storia del castello è legata a quella della famiglia Longhi, che lo acquistò direttamente dal Vaticano e che ancora oggi lo possiede, ma è anche strettamente connessa alla popolazione degli Ernici, al Re Tarquinio il superbo (ospitato a Fumone quando fu cacciato da Roma nel 509 a.C), all’Antipapa Gregorio VIII (sepolto in qualche segreta cavità della fortezza), e alla prigionia di Celestino V che nelle Oubliette del castello scontò il prezzo del suo «Gran Rifiuto» rinunciando alla nomina papale.

Come ha osservato Fabio de Paolis, le prigioni, visitabili ancora oggi, sono ambienti privi di luce e areazione diretta, realizzate nelle torri murarie del castello e caratterizzate da spazi angusti e ristrettissimi. Alcune celle erano chiamate Oubliette proprio perché lasciavano i prigionieri abbandonati al loro solitario oblio mortale.

Il castello si trova posizionato su un colle alto 800 metri che permette la visuale completa di ben 45 paesini e città limitrofe (compresa la veduta sulla via Latina e i monti Lepini); il visitatore passa dall’osservare i meravigliosi giardini pensili realizzati sulla cima della fortezza, densi di tradizioni e leggende (durante la visita al giardino è addirittura possibile toccare la vetta del monte in segno di buon auspicio), alle altre misteriose sale: la sala degli stemmi, il pozzo delle vergini, la sala dei Cesari, la biblioteca del castello, la sala degli Antenati. Un discorso a parte merita, invece, l’archivio del castello, dove in un mobile scuro riposa, custodito in una teca di vetro, la salma del giovane marchesino Longhi (morto all’età di tre anni).

Provata da un fortissimo dolore, dopo la sua morte, la madre (Emilia Caetani) ne fece imbalsamare il corpo e fece dipingere tutti i mobili del castello di nero (evidente manifestazione di lutto). La leggenda vuole che lo spirito del bambino vaghi ancora nel castello in uno stato di tormentoso dolore.

Ambra Belloni

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