La cicala entra da sempre nell’immaginario di tutti, con il suo canto inconfondibile e non sempre piacevole, specie nella stagione degli amori.
Si pensa infatti che produca questo rumore durante la fase del corteggiamento, in estate, quando il maschio si impegna a emettere il suono più forte per essere scelto dalla femmina. Un suono che la maggior parte delle persone crede sia gutturale e che invece deriva dallo strofinio delle elitre, quando a esprimersi è la femmina. Quella del maschio è un’emissione prodotta da un organo apposito, detto timballo, sito lateralmente, sotto le ali della cicala. Si tratta di una sorta di lamina il cui movimento produce quella particolare vibrazione stridula.
Françoise Sagan in bonjour tristesse, evidenzia questa caratteristica, all’interno di un’ atmosfera malinconica, nella quale lo stesso sfregamento delle ali sembra ricercare un pretesto per interrompere la monotonia dell’esistenza, di quella tristezza salutata e poi accolta al pari dell’ipnotica cicala.
Un suono simile a il silenzio morso dalle rane, dove Federico García Lorca cattura l’essenza di quel vuoto dell’udito, grazie ai mille ininterrotti gracidii. Ed ecco come un rumore ritmico e persistente può sottolineare una dimensione o addirittura trasformarla in qualcosa di vagamente surreale, tra condizione e sogno.
Dunque la cicala non sempre si mostra petulante, agli occhi di un poeta può perfino uniformarsi ai sentori più romantici, con la propria insistenza sull’amore, su presenze nascoste, come lo è lei, a dispetto del suo canto che riempie le notti di tutti i tempi.
Eleonora Giovannini