di Bruna Fiorentino
Appare in tutta la sua bellezza la più piccola delle regioni italiane: la Valle d’Aosta, cerniera tra il Mediterraneo e i Paesi europei del nord.
In questa terra di montagne innevate e valli rigogliose, attraversata da fiumi ecostellatadi laghi, si stagliano superbi circa duecento tra: torri, caseforti e castelli che rendono inconfondibile il suo paesaggio.
Nel Medioevo, la riscossione di pedaggi conferiva potere e reddito, e la Valle d’Aosta, data la sua posizione strategica di passaggio obbligato, diede l’opportunità a molti avventurieri di arricchirsi ed elevarsi al rango di signori, per poi edificare le proprie dimore fortificate. Sorsero, così, i primi castelli tra l’inizio dell’XI e il XII secolo.
Successivamente, l’aspetto difensivo venne ingentilito da abbellimenti atti a rendere le costruzioni, lussuose residenze per banchetti e ricevimenti, come nel castello di Verrès che si erge all’imbocco della Val d’Ayas, ai piedi del gruppo del Monte Rosa.
Costruito su un picco roccioso, in posizione strategica, alla sinistra del torrente Evançon, esso domina il sottostante borgo medievale, disteso lungo la via romana delle Gallie e attraversato dalla Via Francigena.
Citato per la prima volta nel 1287, come proprietà dei signori De Verretio, il castello assunse la connotazione attuale nel XIV secolo, ad opera di Ibleto di Challant, esponente di una delle maggiori famiglie nobili valdostane, governatore e capitano generale del Piemonte, che edificò una fortezza monoblocco, formata da un cubo di trenta metri di lato, priva di torri e cinta muraria.
A sola difesa dell’edificio, vi era lo spessore delle mura ed un coronamento di bertesche. Improntato ad una tipologia edilizia assolutamente innovativa, il maniero di Verrès, precorrendo successivi modelli rinascimentali, si differenzia dalla gran parte di quelli valdostani, di norma caratterizzati da un complesso di edifici cinti da mura.
A Ibleto succedette il figlio Francesco, che morì nel 1442, senza eredi maschi; invano la figlia Caterina, sostenuta dal marito Pietro d’Introd, combatté per mantenere il titolo comitale, assegnato, nel 1456, al cugino Giacomo di Challant-Aymavilles.
La fama di Caterina, che nel castello di Verrès stabilì la propria roccaforte, risuona ancora oggi nelle strade del borgo, dove lei, nel giorno della SS. Trinità del 1449, scese tra la gente a ballare. Un episodio questo che viene ricordato ogni anno nel Carnevale storico verrezziese.
Nel 1536, Renato di Challant rinnovò l’apparato difensivo, adattandolo all’uso delle più moderne armi da fuoco. In questa occasione venne costruita una cinta muraria munita di cannoniere, di speroni a contrafforte e di torrette poligonali da offesa e l’ingresso fu reso più sicuro, mediante la realizzazione dell’antiporta con il ponte levatoio e l’apertura di feritoie. Si provvide, inoltre, ad aprire nuove finestre a crociera e nuove porte ad arco moresco, di evidente influsso spagnolo, mentre gli interni furono arricchiti con nuovi arredi. L’intervento, ricordato da una lapide murata sopra il portale d’ingresso, vide la collaborazione di un esperto architetto militare, il capitano spagnolo Pietro de Valle il quale rinnovò l’apparato di difesa.
Dopo alterne vicende e un lungo periodo di abbandono, nel 1888, l’architetto Alfredo d’Andrade, direttore della Regia Delegazione per la conservazione dei monumenti del Piemonte e della Liguria, intraprese i primi interventi di restauro e, nel 1894, fu concluso, per conto dello Stato, l’acquisto del castello, ora di proprietà della Regione autonoma Valle d’Aosta.
Ai nostri giorni, la fortezza è aperta al pubblico.
Superato il portale di ingresso si può ammirare l’ampio cortile. L’edificio principale si sviluppa su tre piani, collegati da un imponente scalone in pietra, impostato su archi rampanti.
La regolarità geometrica della struttura e l’essenzialità della decorazione, affidata unicamente ai particolari in pietra verde e bianca lavorata, si intonano al carattere militare dell’edificio.
Al piano terra, si visitano due grandi saloni simmetrici, dei quali, uno fungeva da magazzino per l’artiglieria, coperto da volta a botte e una sala d’armi, voltata a sesto acuto, con due camini monumentali dagli stipiti sagomati; inoltre, ci sono i locali delle cucine.
Al primo piano, si trovano la grande sala da pranzo, collegata da un passavivande alla cucina padronale, dotata di tre grandi camini, con una volta in pietra a vele multiple, unica copertura originale ancora esistente e le stanze dei signori illuminate da eleganti bifore di gusto trecentesco, tra cui la camera da letto della contessa Bianca Maria di Challant, “il fantasma che regala baci”.
Infatti, secondo la leggenda, uno dei tanti amanti – che la donna faceva assassinare dopo una notte d’amore – rimasto incolume, riuscì a vendicarsi, accusandola di un delitto non commesso.
Il marito geloso, scoperti i numerosi tradimenti, la fece rinchiudere a Milano e decapitare.
Ai nostri giorni, soprattutto nelle notti d’estate, il fantasma di Bianca si aggira per le sale del castello e tenta di sedurre con un bacio sensuale i visitatori più attraenti.