I segreti della stazione Termini

Una volta nella vita, tutti siamo passati da Termini. Un film è stato girato in questa stazione, fulcro di tanti ricordi, emozioni, corse e incontri.

Ma cosa vuole realmente dire termini? A detta dei molti è il “termine” delle corse dei treni.

In realtà la parola Termini ha un’altra origine.

Bisogna risalire alla sua nascita. Un momento di fervore e crescita per Roma, da poco scelta come capitale di Italia, dopo un peregrinare della sede capitolina da Torino a Pisa e poi a Roma. In quel momento, la zona dove ora sorge termini era dominato dai resti delle antiche terme romane. Il toponimo “Termini” deriva dalla vicinanza del luogo alle Terme di Diocleziano (di cui ancora vi sono i resti difronte a termini verso piazza della Repubblica), come anche la grande cisterna di forma trapezoidale che alimentava le Terme stesse detta “Botte di Termini”, i cui ultimi resti furono purtroppo demoliti nel 1876. Anche l’attuale piazza dei Cinquecento, fino al 1888, era denominata piazza di Termini, prima di essere dedicata ai 500 soldati italiani caduti a Dogali. 

La prima stazione ferroviaria di Termini, alla fine del 1862, serviva la linea Roma-Ceprano, ma più che una stazione era una struttura provvisoria di legno. Nel settembre del 1863 anche le altre due linee per Frascati e per Civitavecchia si raccordarono qui. Nel 1865 partì il progetto per la realizzazione di una grande stazione ferroviaria e l’esproprio dei terreni fruttò ai Massimo, proprietari della bellissima Villa Montalto, la bella somma di 62.485 scudi. 

Il primo fabbricato che andò a soppiantare la precaria struttura lignea fu realizzato nel 1867 su progetto dell’architetto Salvatore Bianchi, con la benedizione del Papa Pio IX. La stazione si presentava allora costituita da un corpo centrale con copertura in ferro e vetro, soluzione molto amata per le architetture di fine secolo, e da due edifici “gemelli” che lo comprendevano, un bellissimo stile elegante degno della capitale di Italia.

Tuttavia, a soli quindici anni dalla realizzazione, Termini si rivelava però insufficiente a soddisfare le esigenze dell’innovazione impiantistica e del crescente numero di viaggiatori. La necessità di un cambiamento determinò, alla fine degli anni ’30, la costruzione ex novo di un complesso di edifici. Il progetto è firmato dall’architetto Angiolo Mazzoni, grande progettista ferroviario del movimento moderno italiano nato fra le due guerre.

La sua opera, rimasta incompiuta, fu ripresa nel dopoguerra da una équipe coordinata dagli architetti Montuori e Vitellozzi, che rinunciarono, però, al gigantesco colonnato d’ingresso del progetto originario, per sostituirlo con un fabbricato frontale, moderno, che risale al 1925, un anno dopo, cioè, che fu spostato il monumento con l’obelisco egiziano dedicato ai soldati italiani caduti a Dogali, situato originariamente dinanzi all’ingresso principale della stazione e poi trasferito, per motivi di intralcio, nel giardino di via delle Terme di Diocleziano, dove tuttora si trova. 

Negli anni si sono poi susseguiti molti adeguamenti tecnici e ammodernamenti parziali con l’inserimento di nuovi servizi, fino alla vasta opera di riqualificazione avviata nel 1998 ed inaugurata in occasione del Giubileo nel 2000. Si è quindi giunti alla stazione odierna, ampia ma non molto amata dal punto di vista estetico, soprattutto se raffrontata all’accoglienza ed all’eleganza di quella antica. 

Dinanzi alla stazione, a sinistra della facciata, si può ammirare il settore meglio conservato delle Mura Serviane, facente parte dell’Aggere Tulliano o “Serviano”, il tratto più fortificato della cinta che proteggeva il lato più debole, interamente pianeggiante, della città, che doveva presentare in questo tratto di mura l’antica “porta Viminalis“.

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