Gran Paradiso: natura in alta quota

Esteso su un territorio che comprende parte della Valle d’Aosta e della provincia di Torino, il Parco Nazionale del Gran Paradiso è l’area naturale protetta più antica d’Italia: ricca di storia, biodiversità e possibilità di fruizione.

di Alberto Piastrellini

Se l’estensione, in termini di superficie tutelata, non lo pone fra i più grandi d’Italia (71.043 ettari), decisamente i suoi primati sono nell’altezza (4.061 m s.l.m. la sua vetta più alta) e nella longevità, dal momento che è il primo Parco Nazionale Italiano che può vantare una istituzione antecedente la II Guerra Mondiale.

È il Parco Nazionale del Gran Paradiso l’area naturale protetta che con gli analoghi Parchi Nazionali dello Stelvio, della Val Grande e delle Dolomiti Bellunesi, protegge e tutela un ambiente unico, quello dell’alta montagna dell’arco alpino; dagli ambienti rocciosi, ai boschi; dalle zone marginali tra bosco e prateria d’altura ai pascoli, sino agli ambienti umidi (torrenti, cascate), ognuno dei quali costituisce uno scrigno di biodiversità tutto da scoprire.

Un Parco con una lunga e nobile storia e, nel cuore, una fiaba a lieto fine: quella dello stambecco delle Alpi (Capra ibex) che sulle prateria d’altura e le balze rocciose delle montagne più alte d’Europa, da secoli ha il suo ambiente naturale e che, proprio grazie all’istituzione del Parco, è riuscito a sopravvivere dopo la minacciata estinzione cui la specie era quasi giunta alla fine dell’800.

Lo stambecco: il destino di un territorio

Un tempo diffuso lungo tutto l’arco alpino, e non solo, questo superbo mammifero della sottofamiglia dei caprini capace di balzi incredibili, arrampicate e vertiginose discese su pareti quasi verticali, coronato da corna imponenti e permanenti (che nei maschi adulti arrivano ad oltre 90 cm di lunghezza), è stato portato quasi alla scomparsa definitiva a causa della caccia e della medicina popolare che attribuiva virtù miracolose non solo alle sue corna, ma anche al sangue e allo stomaco.

Ma fu un personaggio italiano, Carlo Felice, re di Sardegna e Duca d’Aosta, nel 1821 a decretare la proibizione della caccia agli stambecchi; un modo astuto per garantire a sé solo e ai suoi ospiti, la possibilità di cacciare una preda così rara. L’azione di parziale tutela dei Savoia nei confronti degli stambecchi si rinnova nel 1836 con le “regie patenti” di Carlo Alberto e ancora nel 1856 quando il “Padre della Patria”, Vittorio Emanuele II dichiara i monti del Gran Paradiso “riserva reale di caccia”. L’attività venatoria reale prosegue fino al 1913 e pochi anni dopo Vittorio Emanuele III cede la riserva allo Stato italiano con l’indicazione di procedere all’istituzione di un parco per proteggere fauna e flora locali, Parco che viene istituito il 3 dicembre del ’22. Gli anni che seguono sono però caratterizzati da una gestione non sempre precisa mentre la povertà e l’incertezza degli anni di guerra si traducono in un aumento del bracconaggio, fino a che, nel ’47 viene istituito l’Ente Parco Nazionale Gran Paradiso. Da quel momento, prende definitivamente il via un lungo processo di valorizzazione, monitoraggio, e protezione dei preziosi mammiferi e del loro ambiente che si estrinseca in una gestione complessa del territorio, della popolazione e delle attività umane che vi insistono.

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